martedì 25 giugno 2013

Le radici dell'astio nei confronti di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. Un articolo di Marco Anselmo del 1987


LE RADICI DELL'ASTIO NEI CONFRONTI DI JOSEPH RATZINGER-BENEDETTO XVI. LO SPECIALE DEL BLOG

Cari amici, su segnalazione del nostro Antonio leggeremo un altra pietra miliare nel percorso che stiamo tracciando a proposito delle radici dell'astio nei confronti di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI.
Si tratta di un articolo di Marco Anselmo del 15 giugno 1987! Sembra scritto oggi!
Le critiche a Ratzinger erano allora le stesse di oggi: e' un restauratore e un nemico della modernita' abituato a guardare all'indietro. Nulla di piu' falso! Vedremo ancora una volta il ruolo dei mass media e degli intellettuali che li controllano. Scopriremo l'estrema semplicita' dell'appartamento in cui l'allora cardinale viveva con la sorella ed il fatto che imponeva agli editori dei suoi libri di devolvere gli introiti in opere di carita'.
Ma soprattutto capiremo chi e' davvero Joseph Ratzinger che mai si e' difeso dalle critiche quando esse investivano la sua persona ma prese carta e penna quando qualcuno chiamo' in causa Giovanni Paolo II!
Che grande insegnamento per quei cardinali e vescovi che non hanno mosso un dito per sostenere Benedetto XVI e che, fino all'ultimo giorno, non si sono degnati di chiedergli perdono per la loro inadeguatezza!
Non si e' mai perdonato a Ratzinger di essere un uomo sincero che non ha mai avuto paura di dire cose scomode sapendo di esporsi al rischio dell'incomprensione e della calunnia.
Anche questo articolo, come quello di Messori, mette in luce la diversita' se non l'opposizione fra l'opinione pubblica e quella pubblicata.
Siamo alla seconda pietra miliare del nostro percorso...avanti cosi' :-)
Una vera chicca....grazie Antonio!
Raffaella

Lunedi 15 Giugno 1987

«CHIESA, ECUMENISMO E POLITICA»: IN UN LIBRO UN SERRATO CONFRONTO CON LA CULTURA CONTEMPORANEA ROMA

L'ultimo attacco del Panzer-Kardinal 

Dopo il «Rapporto sulla fede», Joseph Ratzinger, massima autorità vaticana dopo il Papa, torna in campo - Un intervento destinato ad accendere nuove discussioni e polemiche - Restauratore o difensore dell'ortodossia? - Due pareri opposti: Zizola e Del Noce 

Mauro Anselmo

Nessuno squillo di campana, stavolta la macchina pubblicitaria è rimasta silenziosa.
Davanti alle vetrine delle librerie l'occhio si posa distratto sul soliti titoli, eppure in un cantuccio, seminascosto su uno dei tavoli interni o allineato con altri volumi sugli scaffali, c'è un libro destinato a far discutere. "Chiesa, ecumenismo e politica" è il titolo dell'ultimo lavoro di Joseph Ratzinger pubblicato dalle Paoline. Dunque il cardinale prefetto della Sacra Congregazione per la dottrina della fede (ex Sant'Uffizio), massima autorità vaticana dopo il Papa, scende di nuovo in campo. Ma stavolta in punta di piedi, quasi a non voler riaccendere le roventi polemiche che accompagnarono due anni fa l'uscita di un altro libro, "Rapporto sulla fede", prima e robusta sortita di Ratzinger in campo aperto, sul fronte insidioso della battaglia delle idee.
Un confronto a muso duro con la società e la cultura contemporanea, senza balbettii né cedimenti: 
"Rapporto sulla fede", la lunga intervista rilasciata a Vittorio Messori, tradotta in 12 lingue e discussa in tutto il mondo fu una confessione schietta e sotto certi aspetti brutale.

Parole chiare

Ratzinger parlò chiaro. I cattolici sono ormai minoranza e non sembrano attrezzati per affrontare la sfida dei tempi. La Chiesa del dopo Concilio è diventata un grande cantiere, "ma un cantiere dove è andato perduto il progetto e ciascuno continua a fabbricare secondo il suo gusto".
Dopo la fase delle "aperture indiscriminate è tempo che il cristiano ritrovi il coraggio dell'anticonformismo, .la capacità di opporsi, di denunciare molte delle tendenze della cultura circostante, rinunciando a certa euforica solidarietà post-conciliare".
E Ratzinger bollò con parole durissime l'ideologia liberal-radicale di stampo individualistico che imperversa nell'Occidente opulento, definì la teologia della liberazione una forma di « imperialismo culturale esportato dall'Occidente verso il Terzo Mondo, pronunciò sul marxismo un De Profundis senza appello: Solo dove il monismo-leninismo non è al potere c'è ancora qualcuno che prende sul serio le sue illusorie verità scientifiche.
All'uscita del volume la teologia progressista inorridì.
E la polemica divampò violenta, dividendo gli intellettuali cattolici.
Dov'erano finiti i fermenti del Vaticano II?
Perché tanti distinguo? Si voleva forse intonare il canto funebre per ogni «apertura.»
Oggi, nel suo ultimo libro, il prefetto dell'ex Sant'Uffizio ritorna sugli stessi temi. 
Fede e secolarizzazione, libertà nella Chiesa e impegno politico, marxismo e utopia sono al centro della riflessione. E ancora una volta il confronto con la cultura della modernità è serrato, spesso anche aspro, ma pur sempre sostenuto da un rigor di logica e da una finezza di analisi che rivelano in Ratzinger il teologo di razza. 
Anche quest'ultimo lavoro sembra tuttavia destinato a dividere: lineari e fermi i giudizi sulla perdita dei valori e la scristianizzazione della società, serrata la critica alle «forze disgreganti» all'interno del cattolicesimo.
Grande inquisitore, prefetto di ferro, "Panzer-Kardinal'.
Che cosa rappresenta oggi Ratzinger nella Chiesa?
Un grande restauratore o l'ultimo difensore di un'ortodossia assediata fuori dalle mura e vacillante all'interno nelle sue stesse certezze?
L'ultimo crociato' come lo hanno chiamato gli avversari, o il timoniere chiamato a governare la nave nel mare burrascoso di una società ormai post-cristiana? 
Ratzinger è un personaggio scomodo, Ratzinger divide.
Lo critica con asprezza un vaticanista come Giancarlo Zizola autore del volume La restaurazione di Papa Wojtyla. 
E lo difende con fermezza un filosofo come Augusto Del Noce, autore di libri importanti come II problema dell'ateismo e II suicidio della rivoluzione.
Zizola: "A vedere le cose con gli occhi di un laico credente, senza preconcetti e senza schemi mentali, credo che Ratzinger sia un restauratore e che una conferma piena venga anche dal suo ultimo libro. Nel suo percorso intellettuale il cardinale ha spostato progressivamente il suo pensiero: la sua lettura della realtà è passata da un polo teologico francescano-bonaventuriano a un polo teologico agostiniano, che consiste in una ricostruzione della metafisica classica all'interno di una società, — questa società segnata dalla modernità e dalla secolarizzazione —, che il cardinale non accetta. Ratzinger è un 'pessimista che vede il mondo in maniera duale, il bene da una parte e il male dall'altra. E' un pessimista secondo il quale l'unica possibilità di ricostruire una società sana, che sappia garantirsi il futuro, è quella di ritornare alla metafisica classica: in questo senso è "religioso", nel senso della "religio", del legame all'indietro".

L'eredità

Ratzinger guarda all'eredità dei secoli. Ma non è questo l'unico modo per difendere la cittadella cattolica assediata? Per attrezzarla ad affrontare la durissima sfida lanciata da una cultura profana sempre più forte e aggressiva?
Tutti gli scritti di Ratzinger anche quelli piu' recenti rivelalo una notevolissima capacita' di intendere i fatti. Ma questa percezione, secondo me, non è accompagnata da un sufficiente senso della storia. Ratzinger pensa che per affrontare la crisi della modernità l'unica chiave sia quella religiosa.
E questo è il suo limite. La storia non è negatività assoluta: ci sono certo nella crisi dei terribili dati negativi, però ci sono anche dei valori immanenti, parziali, frammentari, che possono essere completati. Non esiste una storia sacra e una profana: esiste una unità della storia come luogo di salvezza. Non si può pensare che la storia non abbia una capacità di ripresa etica.
In questo senso è anacronistico, oggi, che la Chiesa riproponga la validità della propria dottrina in termini manicheistici: tutto il bene di qua, tutto il mate di là...
Del Noce:  Nessuna restaurazione. Se per il pensiero di Ratzinger vogliamo usare questo termine, dobbiamo intenderlo nel significato di restaurazione della novità del cristianesimo che è andata perduta. 
A vent'anni dalla fine del Concilio un dato è incontestabile: il periodo non è stato favorevole alla Chiesa.
Tut'altro. E tuttavia ciò non è avvenuto per un'accresciuta potenza ideologica dei suoi avversari: è avvenuto per un progressivo processo di decadenza, che si è sviluppato proprio sotto il segno di un richiamo al Concilio. Perché questa decadenza? Si diceva che l'aggiornamento della Chiesa doveva consistere in un'accresciuta capacità di parlare all'uomo d'oggi. Niente di più giusto.
Occorreva pero' che l'interpretazione del mondo contemporaneo non fosse mutuata come certezza indiscutibile, dagli avversari del cattolicesimo.

Abbracci 

E proprio questo è avvenuto. "Modernizzazione" e "rivoluzione" sono state le parole d'ordine, positivismo e marxismo i punti di riferimento per il grande abbraccio. Un abbraccio che ha finito di scaricare sul cristianesimo la crisi che travagliava queste forme di pensiero, fino a oscurare la novità del messaggio cristiano. Oggi il marxismo non è più di moda, né credo che il consumismo e l'indifferenza ai valori che contraddistinguono le società occidentali offrano risposte soddisfacenti.
E allora? Per Ratzinger la ragione che sì sottrae allo spazio vitale della fede è destinata a farsi ragione strumentale o funzionale, è destinata a cadere nella sua umiliazione. Quello che il cardinale rivendica è la Novità cristiana contro processi che nell'apparenza del progresso segnano, come egli dice, "una svolta a rovescio nella scala della storia". 
Il rinnovamento proposto dal Concilio non può stare nel tentativo di un'impossibile composizione con forme di pensiero sorte in opposizione al cattolicesimo stesso. Altro che "restaurazione": è alla Novità cristiana che dobbiamo ritornare: E il cardinale indica la strada.
Ma che tipo d'uomo é Ratzinger?
Un intransigente, un duro, una volpe? Vittorio Messori, che gli è stato a fianco per alcuni giorni nel seminario di Bressanone dove il cardinale si reca in vacanza, ne parla cosi: Credo che sia un uomo sofferente, nel senso che ha accettato di fare per puro spirito di servizio un lavoro che certamente gli è molto ingrato
Lui è un professore nato, uno studioso che ama stare con i giovani: quando per spirito di obbedienza ha detto sì prima a Paolo VI che lo aveva nominato arcivescovo di Monaco di Baviera e poi a Giovanni Paolo II che lo aveva chiamato a dirigere l'ex Sant'Uffizio, deve avere indubbiamente sofferto.
Ratzinger è un uomo di scuola, non un uomo da Sant'Uffizio. Un uomo da Sant'Uffizio poteva esserlo Ottaviani, ma Ratzinger no. 
E' un religioso che con lealtà tutta tedesca ha accettato di svolgere questo servizio, ma che ammette anche di avere nostalgia per lo studio e l'insegnamento.
Una lealtà di ferro verso Wojtyla.
Dopo la pubblicazione del Rapporto sulla fede, il cardinale è stato sommerso da una valanga di critiche e di attacchi alla sua persona, anche pesanti. 
Ha accettato critiche e veleni, ma non é mai sceso nell'arena a replicare, se non in un'occasione. Un illustre professore universitario e cattolico dichiarò a un giornale che i rapporti fra Ratzinger e il Papa sono i soliti rapporti fra un tedesco e un polacco: è sempre il tedesco che comanda. Ratzinger si senti in dovere di intervenire. Prese carta e penna, si sedette a tavolino e spedì una lettera al professore. 
Disse che non gli importava che fosse stata chiamata in causa la sua persona, ma che considerava offensiva quell'affermazione verso il Pontefice.

Uomo di humor 

Se gli si chiede se non si sia mai pentito di avere dato l'intervista che è poi diventata il Rapporto sulla fede, il prefetto risponde che gli strilli più acuti sono venuti soprattutto fra gli intellettuali che controllano i mass media. 
Il nuovo potere del Principe, cioè dello Stato, è quello del mass-media, giornali e tv, dominati da una minoranza che dice di rappresentare l'opinione pubblica, ma che in realtà non la rappresenta.
E Ratzinger spiega: da quando è uscito il Rapporto sulla fede, la posta che arriva all'ex Sant'Uffizio si è più che quintuplicata: migliaia di messaggi dal mondo intero, dalla base ecclesiale, dai fedeli, dai non intellettuali, che esprimono gratitudine perché finalmente nella Chiesa si è fatta chiarezza.
E' un uomo di humor — aggiunge Messori — che ama i giochi di parole, gli aneddoti spiritosi, le battute intelligenti: è un uomo che sa ridere, e ridere di cuore.
La definizione di "grande inquisitore" è del tutto fuori posto'. 
Vive come un parroco di campagna e il suo alloggio non ha niente di principesco
La sorella gli fa da governante e a volte lo si incontra per le strade di Roma come un prete qualunque: il basco in testa, una cartella sdrucita piena di documenti. I libri che pubblica gli rendono decine di milioni l'anno in diritti d'autore, ma Ratzinger non li ritira. L'editore ha ricevuto un ordine: li consegni pure a opere di carità.

© Copyright La Stampa, 15 giugno 1987

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