lunedì 11 marzo 2013

Suor Maria Barbagallo: ai cardinali avrei ricordato che Joseph Ratzinger ha delineato la presenza femminile. Il segno della donna è più che mai centrale e fecondo (Galeazzi)


Riceviamo e con gratitudine pubblichiamo:

Il Conclave delle donne

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

I cardinali sono indaffarati nei conciliaboli pre-conclave, mentre una donna prete inglese passeggia in piazza San Pietro. Quali richieste avrebbero rivolto ai conclavisti le superiori degli ordini femminili, le religiose e le laiche impegnate nella Chiesa? Un appello a più voci: valorizzare il «genio femminile» anche nei posti di comando. Nelle congregazioni generali possono essere ascoltati tutti gli esperti richiesti dal sacro collegio, purché siano di sesso maschile. Insomma, il conclave è un meccanismo interamente riservato agli uomini: malgrado il Papa che ne esce eletto sia la guida spirituale dell’intera cattolicità , 600 milioni di fedeli e suore assistono in silenzio. Nessuna donna viene ascoltata laddove si decide il nuovo vertice della piramide ecclesiastica. Intanto, però, piovono sui conclavisti esortazioni ad una svolta «femminista». Un sondaggio tra i cattolici Usa rivela che il 53% è favorevole alla contraccezione, al celibato dei preti e al sacerdozio femminile. Le uniche donne coinvolte nel conclave sono le persone di servizio della residenza Santa Marta e dovranno prestare giuramento di segretezza. E così l’associazione «Pari o Dispare» ironizza sull’assenza di donne tra i papabili. Eppure l’otto marzo, nell’Aula del Sinodo i porporati hanno discusso del ruolo della donna e il portavoce vaticano padre Federico Lombardi si è presentato in sala stampa con rose e mimose destinate alle traduttrici. Troppo poco per le comunità di base che si rivolgono ai cardinali per «accogliere donne, sposate o no, che si dimostrino idonee al servizio della comunità (senza steccati artificiali e contrari all’azione dello Spirito Santo) anche ai più alti livelli di ministero». Snap nelle stesse ore porta all’Onu le vittime al femminile dello scandalo-abusi che negli Stati Uniti ha provocato la bancarotta di molte diocesi.
Suor Maria Barbagallo, da superiora Generale delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, ne ha affrontate tante di questioni spinose. «Se fossi intervenuta alle congregazioni avrei detto che le donne sono indispensabili alla nuova evangelizzazione aperta da Benedetto XVI», spiega. E aggiunge: «Ci sentiamo parte viva della Chiesa anche quando il nostro ruolo viene riconosciuto. Noi donne siamo più libere da poteri e interessi particolari. Non inseguiamo posti di comando». Infatti, «il nostro servizio alla chiesa è qualificato ma non interessato: avrei voluto dire ai cardinali che le donne nella Chiesa possono fare di più». Non solo nella pastorale, nella predicazione e nella carità ma anche a livello decisionale. «Possiamo portare lievito evangelico con la sensibilità femminile di intuire lo spirito dei tempi». Del resto, «Gesù aveva sempre donne intorno, Ildegarda di Bingen fronteggiava papi,vescovi e abati». Negli Usa, Santa Francesca Cabrini superò i pregiudizi maschilisti della Chiesa. «Ancora oggi se ci fossero donne nei posti di comando, ci sarebbero meno scandali nella Chiesa: abusi sui minori o Vatileaks che siano». Con senso materno «difendiamo i diritti della vita». Anche se «possiamo diventare presidente della Repubblica ma non Papa, offriamo apporti innovativi dal punto di vista filosofico,spirituale, mistico». Gli uomini spesso girano attorno ai problemi,«noi saltiamo la burocrazia». Quindi, «il mondo va guardato con la serenità di un Dio che è padre e madre». e rievoca: «Fino al Concilio eravamo strutturate secondo un’organizzazione monastica, in cui la vocazione si misurava sulla capacità di obbedire e di osservare le rigide regole». Erano regole che con alcuni permessi potevano qualche volta cambiare, ma «la nostra vita era comunque molto disciplinata. Con il Vaticano II si introdusse la distinzione cruciale fra vita monastica e vita apostolica. Quelle indicazioni entrarono come un vento, anche con una certa violenza, spinte soprattutto dalle suore del Nord America.Lucetta Scaraffia, docente di storia contemporanea alla «Sapienza», è responsabile dell’inserto femminile dell’Osservatore Romano. «Nel nostro mensile diamo voce a chi opera a vario titolo nella Chiesa - afferma - In vista del conclave non è stato formalmente accolto il parere femminile, perché nelle congregazioni generali non è previsto dagli statuti e per far parlare le donne bisognava cambiare le leggi della Chiesa». Per il prossimo conclave «sarebbe opportuno che i cardinali ascoltassero le badesse, le superiori generali degli ordini, le laiche più autorevoli». Nell’Aula del Sinodo è stato affrontato il ruolo delle donne. «Nella società c’è confusione tra emancipazione femminile e liberazione della donna dal suo destino biologico di maternità, mentre la Chiesa ha continuato a difendere la specificità femminile, cioè la maternità - sottolinea -. Fino al Novecento la Chiesa ha dato alle donne più opportunità di realizzazione rispetto al resto della società: basta pensare alle sante o alle fondatrici di congregazioni di vita attiva, che viaggiavano liberamente e gestivano grandi patrimoni». Poi, nell’ultimo secolo, «la situazione si è capovolta e la Chiesa oggi non riconosce la parità delle donne al suo interno. Eppure nella difesa della donna la Chiesa è sempre all’avanguardia» . E aggiunge: «Il metodo Billings di regolazione delle nascite è perfettamente “femminista” perché è totalmente gestito dalla donna e non danneggia la sua salute». I cambiamenti delle società occidentali che hanno aperto alle donne gli spazi prima riservati agli uomini hanno provocato «una rivoluzione nella configurazione dei ruoli sessuali, ponendo anche per la Chiesa cattolica la questione di ampliare il ruolo delle donne». È un problema di eguaglianza che «la tradizione cristiana ha avuto ben chiara fin dalle origini, portandola ad avviare una rivoluzione nei confronti del modo di concepire la differenza sessuale». Questo mutamento radicale «è all’origine della rivoluzione femminile contemporanea».Suor Giuliana Galli, vicepresidente della Compagnia di San Paolo, ha sempre parlato chiaro a cardinali e banchieri. «Il quadro sociale e religioso è traballante.evidenzia-. C’è bisogno di certezze che non nascono da sapienza umana e divina». Il Vangelo si confronta sempre con il mondo presente. «Non si può perpetuare la fotografia di una società di duemila anni fa in cui le donne erano sì ignoranti ma non è che gli apostoli fossero dei luminari». Si appella alla Bibbia: «Maschio e femmina Dio li creò». La donna è portatrice di vita a lungo corso, «senza di lei non ci sarebbe evoluzione». Quindi molto più delle tradizioni, conta la parola di Dio: «Il verbo di fece carne». E si fa carne proprio attraverso la donna. «Erano le donne a prendersi cura dei cadaveri, furono loro a rammendare il lenzuolo e a pregare sulla Sindone». Eppure la società e la Chiesa «fanno ancora fatica a valorizzare il ruolo della donna». Anzi «gli ambienti più retrivi e chiusi verso l’apporto femminile sono la Chiesa e la finanza». Ma una casa senza donna cade in rovina, è fredda, non ha afflato». Il divieto di parlare alle congregazioni è «cristallizzato su chissà quale tradizione». Così il contributo femminile alla Chiesa è «come vino buono dimenticato in cantina». L’evangelizzazione è pienezza di vita. «E chi meglio di una donna potrebbe essere testimone di questa pienezza portatrice di vita?» 
Di certo alle congregazioni «non avrei fatto discorsi “buonisti”: oggi d’amore si parla troppo». Infatti, «una colossale ipocrisia ha deturpato il senso di questa parola nella dimensione privata delle relazioni e in quella pubblica delle istituzioni, della Chiesa e della comunicazione». Forse è arrivato il momento di non nominarla più, di lasciarla stare in pace. C’è urgenza di un «undicesimo comandamento» laico. E cioè «non nominare amore invano per recuperare la radicalità di significato di una parola abusata e bistrattata». La carità «non sostituisce la giustizia. È un vestito migliore della giustizia, che è compresa dalla carità. Le donne lo sanno».
Suor Maria Trigila, delegata mondiale dei cooperatori salesiani, vede «un problema di appropriazione dell’identità femminile». Anche se in conclave non entrano donne, «i cardinali devono farsi portatori anche delle istanze femminili». Lei si augura che «ascoltino l’insegnamento degli ultimi papi sul “genio” delle donne». Le religiose partecipano «a tavoli di concertazioni e vertici per l’elaborazione di idee: i conclavisti non possono non tenerne conto». Il modello c’è ed è di mezzo secolo fa. In apparenza il Vaticano II fu un’assise «maschilista», in realtà dopo il Concilio nulla è stato più come prima anche per l’universo femminile. Le 23 donne ammesse ai lavori da Paolo VI, a partire dal 1964, erano uditrici e la ricerca storica ha ricostruito il peso che queste donne, ammesse in aula con il velo nero in testa e che i padri sinodali chiamarono «madri», esercitarono nel sollecitare il Vaticano II a porsi problemi reali sulla condizione femminile e sui diritti delle donne. «Anche per questo nella Chiesa cattolica ora esistono delle teologhe: grazie al Concilio è finito il monopolio maschile sulla teologia precisa-. 
Ai cardinali avrei ricordato che Joseph Ratzinger ha delineato la presenza femminile. Il segno della donna è più che mai centrale e fecondo». Ciò dipende dalla identità stessa della Chiesa, che essa riceve da Dio ed accoglie nella fede. «È questa identità mistica, profonda, essenziale, che occorre tenere presente nella riflessione circa i rispettivi ruoli dell’uomo e della donna nella Chiesa». 
La lezione di Ratzinger va ricordata: guardare Maria ed imitarla, non significa votare la Chiesa ad una passività ispirata a una concezione superata della femminilità e condannarla a una vulnerabilità pericolosa, in un mondo in cui ciò che conta è soprattutto il dominio e il potere. 
«La via di Cristo non è né quella del dominio, né quella del potere come viene inteso dal mondo». Questa «passività» è in realtà la via dell’amore, è un potere regale che sconfigge ogni violenza, è passione che salva il mondo dal peccato».

© Copyright La Stampa, 11 marzo 2013

Nessun commento: