venerdì 1 marzo 2013

Benedetto lascia le chiavi della Chiesa non la missione papale né la sua croce (Accattoli)


Benedetto lascia le chiavi della Chiesa non la missione papale né la sua croce 

Luigi Accattoli

Tra lo sgomento dei fedeli e la sorpresa del mondo, Benedetto XVI esce dalla storia ma resta nella sfera del Papato e realizza nei fatti una vera riforma della figura papale indicando ai successori una nuova possibilità di impersonarla oltre ogni debolezza, nascosti al mondo e vigili nell'intercessione, a silenziosa garanzia di una continuità che è sempre l'assillo principale di ogni «vescovo di Roma».
Nei diciassette giorni che ci separano dall'atto della rinuncia compiuto l'11 febbraio abbiamo assistito al dipanarsi di un paradosso: quello di un Papa che lascia e con ciò modifica l'immagine papale più di quanto non abbiano fatto tutti i suoi predecessori dell'epoca moderna sommati insieme.
Non ha soltanto stabilito il precedente della rinuncia per età e salute, già di suo così incisivo da costituire il primo motivo per cui gli altri pontefici restavano al loro posto anche quand'erano infermi, ma ha creato — con le disposizioni sul proprio futuro — la figura fino a oggi inedita del «Papa emerito», che non porta più le Chiavi del governo della Chiesa ma resta «nel recinto di San Pietro» e accompagna «nel servizio della preghiera» il ministero del successore. 
Con la discrezione e l'antiretorica che gli sono tipiche, il Papa teologo in queste singolari giornate di sospensione della vicenda bimillenaria del Pontificato Romano ha guidato la sua Chiesa all'accettazione di una totale novità: quella del passaggio dalla rinuncia al Papato come evento occasionale — già praticata nel 
Medioevo — alla rinuncia come ordinaria previsione offerta a ogni Papa del futuro e da ognuno praticabile, secondo modalità che in questi giorni sono state via via indicate fino a configurare una forma compiuta di uscita dal governo papale che sia a un tempo permanenza, con diversa funzione, nella missione papale. Ora che il fatto è compiuto, con la Guardia Svizzera che è «smontata» alle 20di ieri sera davanti alla Villa di Castel Gandolfo, unico segno al mondo della cessazione del potere delle Chiavi affidato all'uomo Joseph Ratzinger, appaiono chiari i tre elementi della particolare via alla «rinuncia» percorsa da Papa Benedetto e destinata a porsi come normativa per ogni successore che si trovi nella necessità di seguirne l'esempio: egli vestirà di bianco, restando simbolicamente fedele all'immagine papale di cui è stato portatore; manterrà il nome di Benedetto XVI con l'appellativo di «Sua Santità» e avrà la qualifica formale di «Papa emerito», che vuol dire sì «emerito» ma comunque Papa; continuerà a vivere in Vaticano, perché anche nell'unità di luogo con il successore sia segnalata la continuità di una missione che — ha detto l'altro ieri — è «per sempre». La novità di questa via alla rinuncia rispetto ai casi del Medioevo è lampante. Quando Celestino V il 13 dicembre 1294 abdicò davanti ai cardinali, depose la veste papale e riprese il grigio abito da eremita e il nome Pietro da Morrone. Quando fu Gregorio XII ad abdicare, nel 1415, riprese l'abito e il titolo di cardinale. Benedetto, invece, per sua decisione, non smette l'abito bianco e non torna cardinale. Il perché di queste novità è da cercare nella straordinaria importanza — simbolica e pratica — che ha oggi la figura del Papa, maggiore di quanta ne avesse nel Medioevo.
Il rafforzamento del primato di giurisdizione seguito al Concilio di Trento e la proclamazione dell'infallibilità venuta dal Vaticano I fanno oggi più impegnativo il «ministero petrino», ma lo condiziona anche — e di più — il rafforzamento simbolico e devozionale venuto alla figura papale dal nuovo rapporto con le moltitudini favorito dai media e dai viaggi. Troppo a lungo era stato affermato che «il Papa non può dimettersi» perché oggi si potesse avere un'«abdicazione» paragonabile a quelle del Medioevo. «Non c'è posto nella Chiesa per un Papa emerito», aveva affermato il Papa polacco aggiungendo parole quasi bibliche sull'impossibilità di scendere dalla Croce. Ed ecco il Papa tedesco che crea dal nulla la figura del Papa emerito e si ritira in un  monastero vaticano, come a dare convincente assicurazione che in tal modo non abbandona né la  missione papale, né la Croce che la caratterizza. 

© Copyright Corriere della sera, 1° marzo 2013

5 commenti:

Luisa ha detto...

"vera riforma della figura papale"

"con ciò modifica l'immagine papale"

"la figura fino a oggi inedita del «Papa emerito»"

"del passaggio dalla rinuncia al Papato come evento occasionale — già praticata nel 
Medioevo — alla rinuncia come ordinaria previsione offerta a ogni Papa del futuro e da ognuno praticabile"


Sono proprio quelle le inquietudini che accompagnavano la mia tristezza nei giorni scorsi, e continuano ad essere presenti oggi, le ho ritrovate ieri sera nelle parole di Franco a Porta a Porta che, in modo molto chiaro, ha posto l`accento sui rischi legati alla decisione di Papa Benedetto, quello della banalizzazione anche nello spirito dei fedeli di quella scelta così grave e pesante in conseguenze, quello di creare, appunto, un precedente di cui ancora non misuriamo la portata ma che certe analisi, come quella di Accattoli, ci lasciano intravedere.

Dante Pastorelli ha detto...

Se il ministero petrino è per sempre, Ratzinger continua ad esser papa anche senza svolgerne le funzioni. Che tipo di ministero petrino sia questo non riesco a capire. Se il prossimo papa dopo qualche mese dovesse dimettersi, avremmo tre papi, due con ministero, come dire,passivo ed uno attivo? E se se ne eleggeranno di più giovani a qual numero di papi si potrà arrivare?
Se non fossi profondamente convinto che Cristo manterrà la Sua promessa di assistenza sino alla consumazione dei secoli, il futuro della Chiesa mi farebbe paura. Dovrei ripetere col massone card. Lienart sul letto di morte: umanamente parlando la Chiesa è finita.

fr. A.R. ha detto...

Scusate ma questi sentimentalismi mescolati alla teologia sulla Chiesa non portano da nessuna parte. Dobbiamo, anche se fa male al cuore, ripetere che il papa che rinuncia, rinuncia sul serio, non per modo di dire, come pensa Accattoli. Non è più Pontefice, come ha ricordato nel suo ultimo saluto proprio Benedetto.
Il Papa sarà uno solo, il suo successore. Non c'è niente di normativo né di normale nella rinuncia di un Papa. Il Signore ce ne scampi per il futuro: cosa succederebbe se, un domani, un Papa fosse "forzato" ad andarsene? Che potestà potrebbe avere il suo successorre. Non scerzate col fuoco cari giornalisti. Limitatevi ai sentimenti, che pur sono doloranti, ma non arrampicatevi nel fantadiritto canonico e nella fantateologia!

Luisa ha detto...

Temo che per Accattoli, e con lui altri commentatori che vanno nello stesso senso, non si tratti di sentimentalismo ma di ideologia progressista che lavora per lo smantellamento del Primato petrino.

Dante Pastorelli ha detto...

Ma di questa esca loro offerta mons. Ratzinger già da Papa era consapevole. L'ha ammesso. Per tanti motivi sentimentalmente legato e grato a questo pontefice, non recrimino, mi pongo domande che hann'implicazioni teologiche foriere di gravi danni, alle quali nessuno può rispondere esaurientemente.
Dobbiamo, in questa tempesta del dubbio, abbandonarci serenamente a Cristo.