sabato 9 febbraio 2013

Protagonismo creativo dei giovani. I lavori della plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura (O.R.)

I lavori della plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura

Protagonismo creativo dei giovani


«Di fronte a una società bulimica che “divora” i giovani e poi li rigetta, è sempre più urgente interrogarsi sulle nuove generazioni». Soprattutto nel continente latinoamericano, dove queste ultime sono le più colpite dalla povertà. Con quest'appello dell'antropologa messicana Rossana Reguillo Cruz sono entrati nel vivo i lavori della plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura sul tema delle culture giovanili emergenti.

Giovedì pomeriggio, 7 febbraio, la studiosa ha parlato di realtà che ben conosce come ricercatrice negli ambiti dell'identità e delle culture urbane in America latina e nei Caraibi. È il reddito familiare a definire il tasso di indigenza: così in questo continente vive in stato di povertà il 41 per cento dei giovani tra i 15 e i 29 anni; e di questi il 15 per cento versa in condizioni di assoluta miseria. Addirittura in Bolivia, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Paraguay e Perú il dato supera il 50 per cento. Inoltre -- ha avvertito la relatrice -- «ci sono grosse differenze tra le zone urbane e quelle rurali: per esempio, un giovane su tre dei residenti in città è povero, contro la metà dei coetanei delle campagne». In queste condizioni per molti non c'è altra possibilità che «vendere rischio», divenendo forza-lavoro per quei settori interessati a comprare tale «merce».
Da qui la necessità di ricercare «un modello per il futuro», nel riconoscimento rispettoso della condizione e delle prerogative dei giovani. Del resto -- ha detto ancora -- «nei primi dieci anni del XXI secolo, molti processi hanno segnato i mondi giovanili, purtroppo quasi sempre in maniera negativa. Maggiore povertà, disoccupazione e emarginazione crescente dai processi di istituzionalizzazione, significa crescita del numero dei giovani senza alcuna appartenenza, in un sistema che li rende provvisori sia dal punto di vista materiale sia rappresentativo; significa manifestazioni di violenza aumentate paurosamente in Venezuela, Brasile, Messico, El Salvador e Colombia, con indici di mortalità che si avvicinano a quelli di una situazione di guerra».
Precarietà strutturale e soggettiva, mancanza di politiche sociali e crollo delle istituzioni amplificano il degrado delle condizioni di vita di milioni di giovani in America latina; degrado al quale va contrapposto «l'insieme delle loro vicende di lotta, di ricerca costante e di coraggio nell'esprimere le proprie opinioni in pubblico, di gesti di generosità e di liberazione e del loro crescente protagonismo nel criticare l'ordine stabilito». Infatti, «sebbene ci sia un'enorme diversità nell'“universo giovani”, le sue pratiche e le sue espressioni, quello che li accomuna è la ricerca di un futuro. Siamo ancora in tempo», è stata l'ottimistica e speranzosa conclusione.
Successivamente è stato affrontato l'argomento della cultura digitale, che rivoluziona il modello e la grammatica comunicativa, attraverso un'analisi delle strutture di questo linguaggio e anche dei rituali, dell'importanza della musica, dei luoghi d'incontro, che richiedono un discernimento da parte della Chiesa e un profondo cambiamento di prospettiva, con la creazione di codici dove la visione cristiana sia significativa.
Venerdì mattina spazio alla tavola rotonda sulla fede dei giovani. Mediante l'apporto di tre esperienze da tre continenti, sono stati approfonditi i motivi di fiducia nei loro confronti, per aprire una breccia nel pessimismo e nella paura dell'avvenire, anche se le condizioni economiche e la disoccupazione rischiano di peggiorare nei prossimi anni. Esistono in tal senso enormi potenzialità: una creatività incredibile, un volontariato pieno di altruismo, una cultura del dono, la nascita di nuove comunità, la mobilitazione per le Giornate mondiali della gioventù. Alanda Kariza ha condiviso le proprie prospettive di giovane donna che vive in Indonesia, la terza più grande democrazia al mondo, che ospita pure la più vasta comunità musulmana. È la co-fondatrice della Youth Synergy, una comunità di coetanei il cui obbiettivo è promuovere le capacità dei ragazzi per farli contribuire positivamente allo sviluppo dell'Indonesia. La sua iniziativa principale, la Conferenza della gioventù indonesiana, raccoglie più di tremila ragazzi e ne raggiunge altri cinquemila attraverso i media, affrontando temi come il pluralismo, i diritti umani e la lotta alla corruzione.
Il canadese Louis Riverin ha spiegato perché i giovani si sentono attratti dalle «nuove comunità». Religioso in una di queste, la Famille Marie-Jeunesse, ordinato sacerdote durante il Congresso eucaristico internazionale del Québec nel 2008, dopo essere stato per due anni parroco a Sherbrooke, dal 2011 è a Roma per il dottorato in teologia fondamentale alla Gregoriana. «Nelle nuove comunità -- ha detto -- i giovani scoprono una “prossimità” di Dio che permette loro di crescere umanamente e spiritualmente».
Infine è intervenuta Fara Bemahazaka, studentessa malgascia iscritta alla Facoltà di economia e commercio dell'Università di Firenze, che aveva parlato alla conferenza stampa di presentazione della plenaria. La popolazione del suo Paese è in prevalenza giovane, ma non riesce a essere protagonista nella vita della nazione. L'Africa stessa è ferita e divisa, mentre avrebbe tanto da dare: una forte accoglienza, l'apertura al trascendente che accomuna le varie culture del continente, il desiderio di appartenenza a un gruppo attivo pronto a servire. Come tanti suoi coetanei del Madagascar, Fara desidera tradurre la spiritualità e i valori della fede cristiana in azione per il bene della sua gente. Il suo intervento è stato incentrato sul servizio civile volontario, attraverso il quale la ragazza, che frequenta il centro studenti diocesano internazionale Giorgio La Pira, ha incontrato giovani di tanti Paesi e culture, molti dei quali segnati dal peso dell'emigrazione forzata. Insieme a loro vorrebbe unire le parti migliori del continente: per questo ha promosso l'associazione degli studenti africani a Firenze, andando oltre le divisioni tribali o nazionali, e facendo emergere la bellezza e l'unità culturale africana. L'impegno di partecipazione alla vita studentesca è per lei una esperienza di volontariato, cioè «dare gratuitamente».

(©L'Osservatore Romano 9 febbraio 2013)

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