domenica 10 febbraio 2013

Plenaria della Cultura: accogliere i giovani senza pregiudizi né moralismi

Su segnalazione di Laura leggiamo:


Plenaria della Cultura: accogliere i giovani senza pregiudizi né moralismi

Con la presentazione di un documento ricco di spunti e indicazioni, si è conclusa l’Assemblea Plenaria annuale del Pontificio Consiglio della Cultura, iniziata lo scorso mercoledì a Roma ed incentrata sul tema delle “Culture giovanili emergenti”. Nel testo si evidenzia l’importanza dell’ascolto dei giovani di oggi ed una “vicinanza rispetto al multi-verso giovanile”. I ragazzi – si legge nel documento – sono la cassa di risonanza della crisi della società in genere e pertanto la “comprensione include la dimensione culturale, insieme alla visione economica e strutturale”. L’esempio degli “indignados” è emblematico perché da un lato esprime il disincanto e la stanchezza delle giovani generazioni di fronte al sistema, e “mette in questione le vecchie prassi politiche e il modo abituale di trasmettere la fede”.

“I giovani – evidenzia il documento - vivono un ‘presentismo’ senza futuro, facendo dell’esperienza personale una cosa pubblica, dando vita a comunità fondate sui sentimenti, creando rapporti globali che confluiscono in una ciber-identitá”. Così la tecnologia diventa una connotazione centrale dell’identità giovanile; un’identità che spesso nei modelli e nel gruppo trova àncore di sicurezza. Sono proprio le tecnologie che, intervenendo nell’esperienza delle persone, permettono un ampliamento delle potenzialità umane: “cerco, trovo, ne fruisco quando mi serve” ma con selezione, possibilità di commento e di interazione. I giovani – si legge - sono più pronti all’interazione che all’interiorizzazione. Da qui la necessità di trovare spazi nei quali accogliere le domande radicali, stare in silenzio e meditare. Ma lo sforzo da fare è capire “la grammatica dei ragazzi”.

“I giovani tante volte non capiscono il linguaggio della Chiesa e la Chiesa non capisce il linguaggio dei giovani”. Così per non far fallire la comunicazione bisogna comprendere profondamente la cultura dei ragazzi. Gli adulti sono chiamati ad assumersi le responsabilità in un’ottica matura e non prigioniera del mito dell’eterna giovinezza. Capire soprattutto che i giovani vogliono sottrarsi alla sofferenza e cercano il loro senso a volte con mezzi paradossali - tentativi di suicidio e ricerca del coma, come se la morte fosse una guarigione dalle ferite, una sospensione di sé, un rifugio dove ricostruirsi – le comunità cristiane in questo senso devono aiutare a riconoscere le domande fondamentali. “L’indugiare della Chiesa in vuoti ritualismi, in compromessi senza audacia, non aiuta a far convergere verso la fondamentale questione del senso della vita”. “Le nuove tecnologie sono un modo sempre più ordinario per esprimere il desiderio di una spiritualità capace di coniugare sapienza e flusso della vita – aggiunge il documento - ai rapporti umani fondati unicamente sulla scelta degli amici, la Chiesa invita a scoprire la presenza degli altri come fratelli e sorelle donati”.

Le comunità cristiane sono invitate poi a presentare la bellezza e la gioia della vita cristiana, i precetti evangelici sono un’indicazione di senso per raggiungere la pienezza della vita. Preparare i giovani cristiani è dunque una responsabilità per il futuro, per costruire una fraternità universale. Importante è così lavorare sul dialogo interculturale, già avviato, e fornire alcune proposte per le comunità cristiane come, ad esempio, “accogliere a braccia aperte i giovani così come sono, senza pregiudizi e giudizi moralistici”; “essere luogo di ascolto”; “offrire integrazione in comunità” e supportare le competenze dei giovani, “il loro contributo profetico” per il bene del mondo, coscienti di un bene comune senza esclusione e forme di emarginazione. 
(A cura di Benedetta Capelli)

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