lunedì 4 febbraio 2013

Padre Samir: la fuga dei cristiani dal Medio Oriente pone a rischio diritti e libertà fondamentali


Padre Samir: la fuga dei cristiani dal Medio Oriente pone a rischio diritti e libertà fondamentali

Diminuiscono i cristiani in Medio Oriente. Se all’inizio del secolo scorso rappresentavano il 20% della popolazione, oggi, nei diversi Paesi dell’area asiatica sud-occidentale, oscillano al massimo fino al 10 per cento. I cristiani migrano dal Medio Oriente per le difficoltà in cui si sono trovati in seguito ai recenti conflitti. A Gerusalemme e a Nazaret sono ormai il 2%, mentre la nazione con il maggior numero di cristiani resta il Libano. Se ne contano approssimativamente il 35%, ma in diminuzione rispetto a qualche anno fa. Tiziana Campisi ha chiesto a padre Samir Khalil Samir, esperto di questioni mediorientali, come spiegare questi dati analizzando la convivenza tra musulmani e cristiani:

R. - Quasi sempre ci sono stati dei disagi. Ciò che viviamo oggi in tutto il mondo islamico è una continua radicalizzazione della protesta contro il potere mondiale che si definisce come Occidente - e l’Occidente è visto dai musulmani come cristiano, anche se è sempre più scristianizzato - e ciò ha avuto delle ripercussioni sui cristiani locali.

D. – Che vuoto hanno lasciato i cristiani nelle nazioni dalle quali si sono allontanati?

R. – Più i cristiani lasciano il Paese, più i cristiani diventano un’esigua minoranza, più alcuni principi della modernità, come ad esempio i diritti umani, vengono a cadere. Con la diminuzione degli elementi cristiani, si fa un passo indietro nell’economia ma, ancor di più nella politica, e soprattutto in tutto ciò che è legato ai diritti umani: la situazione della donna, la libertà religiosa, la libertà tout court, il progresso sociale, i diritti sociali per i più poveri e i deboli. Anche per questo motivo sentiamo tra i musulmani - intellettuali e non solo, politici e anche gente di media cultura - dire: “Per favore, non andatevene! Rimanete! Abbiamo vissuto insieme per secoli!”. Questo è quello che si sente dire.

D. – Secondo lei quale equilibrio potrebbe far funzionare società multietniche e multireligiose? 

R. – Penso che prima di tutto l’unica via sia quella di vedere la diversità come una ricchezza e non come un impoverimento. Questo è il primo principio che la storia ha dimostrato: laddove le nazioni accettano di vivere in molteplicità, queste sono nazioni più progredite. La multiculturalità attuale non corrisponde alla nostra multiculturalità che ha secoli di vita; questo è il primo punto. Seguendo questa linea, accettare che ci siano dei principi comuni, dunque una Costituzione che dia la parità a tutti, riconoscendo delle varietà culturali o strutturali qua e là. Ciò che i cristiani desiderano è un sistema che non faccia discriminazione basata sulla religione e non faccia nessuna discriminazione. Siamo in una fase del mondo arabo molto delicata, difficile. Si tratta di passare da un mondo dittatoriale che non ha praticato la democrazia, ad un mondo democratico che cerca di riconoscere il valore di ogni persona umana nell’assoluto.

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2 commenti:

Andrea ha detto...

Le società del cosiddetto Medio Oriente sono per lo più monoetniche (arabi) e plurireligiose.
Gli Arabi cristiani sono comunque più antichi e più radicati nei luoghi di quelli musulmani.
In Egitto, poi, è evidente la stratificazione fra Copti (antichi Egiziani, divenuti cristiani nei primi secoli della Cristianità) e Arabi musulmani (invasori giunti da Oriente).

È inqualificabile che la gionalista di Radio Vaticana ponga davanti a padre Samir il modello delle "scietà multietniche e multireligiose" : è il modello dell'Arcobaleno

luca X ha detto...

il modello multietnico, prima che giusto o sbagliato, è inevitabile.