martedì 19 febbraio 2013

Otto anni di opere e guai (mai insabbiati). Benedetto ha impostato il suo mandato nel segno della trasparenza e del rinnovamento (Cottone)


Otto anni di opere e guai (mai insabbiati)

Dalla pedofilia a Vatileaks, il Santo Padre ha impostato il suo mandato nel segno della trasparenza e del rinnovamento

Sabrina Cottone

«Ricordati che non sei il successore dell'imperatore Costantino, ma di un pescatore». Papa Benedetto XVI rivela nel 2010 di meditare spesso il consiglio di san Bernardo ai pontefici, nello stesso colloquio con Peter Seewald in cui evoca la possibilità delle dimissioni.
Parole in sintonia con la scelta di eliminare dal suo stemma la tiara, simbolo del potere temporale dei Papi. È il 19 aprile del 2005 e sono trascorsi diciassette giorni dalla morte di Giovanni Paolo II, quando il decano del collegio cardinalizio Joseph Ratzinger diventa il duecentosessantacinquesimo successore dell'apostolo Pietro. La sua rinuncia apre il primo dibattito di (quasi) otto anni di un pontificato ricco e difficile.
Sono molti i guai che il Papa sceglie liberamente di affrontare. Liberamente, perché gli scandali anche drammatici che hanno segnato il suo regno, dalla piaga della pedofilia alle contestazioni per la presunta rigidità del suo magistero, dall'incidente diplomatico di Ratisbona con i musulmani fino alle vicende mediatiche e giudiziarie di Vatileaks, sembrano indissolubilmente legati a quel suo non voler lavare i panni sporchi in famiglia, alla fiducia che la luce della verità sia più forte di ogni male, e la forza della penitenza più forte di ogni denuncia.
È il 17 aprile del 2008 quando, prima Papa nella storia, incontra uomini e donne vittime di abusi sessuali commessi da sacerdoti cattolici. Più tardi proclama a gran voce il suo enorme dispiacere per le sofferenze inflitte ai minori e denuncia pubblicamente i gravi errori commessi dai Vescovi nel coprire violenze di tale gravità. Eppure, il suo grande sforzo di rinnovamento, inaugurato quando era ancora il cardinale Ratzinger, prefetto per la Congregazione della dottrina della fede, diventa l'occasione per nuovi attacchi alla Chiesa e alla sua persona.
Pratica il dialogo interreligioso con ebrei e musulmani. Ma il 12 settembre del 2006, all'Università di Ratisbona, parla con chiarezza del profeta Maometto e della violenza nell'Islam, scatenando proteste dei musulmani che diventano esse stesse violente: vengono colpite chiese cattoliche e una suora rimane uccisa. Il tentativo di trovare una via di riflessione comune finisce nel sangue. Due mesi dopo prega nella Moschea blu di Istanbul e nel 2009 è il primo Papa a visitare la Cupola della roccia sul monte del tempio di Gerusalemme.
Progressista per i conservatori e conservatore per i progressisti. Il Papa va nel campo di sterminio di Auschwitz. Commemora pubblicamente la Notte dei cristalli che fu l'inizio dei pogrom. Nel 2009 la revoca della scomunica a quattro vescovi della Fraternità sacerdotale San Pio X, i lefebvriani vicini alle ali più tradizionaliste della Chiesa, scatena il caso di uno di loro, Richard Williamson: viene diffusa un'intervista tv in cui il vescovo lefebvriano nega l'esistenza delle camere a gas naziste. Meno di un anno dopo sarà Simon Peres a definire i rapporti tra ebrei a cattolici sotto Ratzinger «i migliori dai tempi di Gesù Cristo».
Grida l'urgenza di giustizia, chiede di cancellare il debito dei Paesi poveri. Nel 2009 il suo viaggio in Africa trova eco perché il Papa ribadisce che il problema dell'Aids non può essere risolto solo con i preservativi. Le incomprensioni con la stampa e gli attacchi al suo pontificato sono una costante, ma colui che veniva dipinto come un pastore tedesco si rivela sempre più un eroe nella mitezza.
È il Papa che beatifica il suo predecessore. E nel maggio 2011 anche questo scatena controversie e polemiche, per la velocità con cui avvia le pratiche per il futuro «santo subito». Si vocifera di accordi presi in Conclave per ottenere l'elezione. Lui, Papa Ratzinger, dice che quel giorno per lui era stato un vero choc e che avrebbe preferito dedicare il resto della vita alla preghiera. Adesso, alle luce delle dimissioni, si comprendono meglio quei momenti. E anche perché una delle frasi del Vangelo da cui disse di sentirsi più interrogato è «non preoccupatevi del domani: a ciascun giorno basta la sua pena».

© Copyright Il Giornale, 19 febbraio 2013 consultabile online anche qui.

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