giovedì 28 febbraio 2013

Il Papato "politico" ed il Papato "spirituale" in preghiera dentro il recinto di San Pietro nel commento di Silini


Lo sconcerto degli orfani di Benedetto

di CARLO SILINI 

Dietro la colonna sonora dei commenti ufficiali ammirati per le dimissioni del Papa, c’è un rumore di fondo gracchiante, una voce stonata e irosa che proviene soprattutto da quegli ambienti che in Benedetto XVI vedevano non solo il capo della cattolicità, ma un crociato invincibile contro i mali di un mondo corrotto (ma anche da alcuni ambienti non credenti affezionati all’immagine di un Papa granitico). E no, i soldati non ci stanno a vedere il loro capitano che lascia la nave che affonda dicendo: «Scusate, sono troppo stanco». Succede così che i più grandi fan del Papa tedesco, da essi ritenuto un baluardo contro le molteplici eresie e immoralità del genere umano, siano anche i più delusi dalla sua scelta. 
Alcuni indignados si sono spinti a paragonare l’anziano pontefice al tristemente famoso comandante Schettino. Come a dire: la Chiesa va a picco e tu salti sulla scialuppa di salvataggio incurante della sorte del resto dei passeggeri, i fedeli, che annegano nel mare infido della modernità dilaniata tra relativismo morale e avanzata islamica. Lasciamo perdere il pessimismo cosmico che trasuda da una simile lettura della realtà, che ipotizza uno stato di guerra permanente tra sacro (la Chiesa) e profano (tutto il resto) lontanissimo dallo spirito dei testi evangelici. A colpirci è il fatto che ci sia, in questa visione, qualcosa di ingenuo e violento. L’ingenuità di confondere il ruolo del Papa, il suo «mestiere», con la sua persona. 
Dimenticando che dietro la funzione di Papa c’è un essere umano, che la posizione gerarchica non ti risparmia dall’invecchiare, dall’ammalarti, dal perdere progressivamente le energie. Prima di essere Papa, Joseph Ratzinger è un uomo, con tutto quello che la condizione umana comporta alla sua età. Ed è violento pretendere che un essere umano, fosse anche il prescelto dallo Spirito Santo per vegliare su un miliardo di battezzati, se ne stia lì a perder colpi in diretta per dimostrare al mondo che Dio rende invincibili i suoi servitori. Ma la vera – per molti sconvolgente – novità della sua scelta sta nell’avere separato la funzione di Papa dall’esercizio del potere assoluto sulla Chiesa. 
Da Benedetto XVI in avanti esisterà un papato «politico», esercitato dal pontefice regnante, e uno «spirituale» vissuto in tutt’altro modo, senza occupare la cabina di guida e senza «ritornare alla vita privata», ma in preghiera «dentro il recinto di San Pietro». I delusi dalle dimissioni sono vittime di una seconda confusione, ancora più grave: quella tra il Papa e Dio. Nella fede cattolica non c’è successore di Pietro che possa pensare di salvare il mondo dai suoi mali. Quello, semmai, è il compito del Padre Eterno. «Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore crocifisso»; ha detto ieri Benedetto XVI nella sua ultima udienza pubblica. 
Una risposta neanche tanto indiretta all’arcivescovo di Cracovia Dziwisz, già segretario di Giovanni Paolo II, che reagiva alle dimissioni del pontefice dicendo che «dalla croce non si scende». Ma non tocca al Papa salire sulla croce. Non per forza. Qualcuno lo ha già fatto prima di lui una volta per tutte (e per tutti). Questa richiesta di testimonianza urbi et orbi del martirio a tutti i costi, anche quando non si giustifica, rivela una comprensione distorta del messaggio cristiano (che aspira alla gioia, non al masochismo; alla resurrezione, non alla morte). Nessun credente, dall’ultimo dei battezzati al Papa, è chiamato a soffrire per il gusto di soffrire. 
A maggior ragione se significa spegnersi in mondovisione lasciando la gestione della Chiesa in mani non proprio immacolate, come attestano le voci che filtrano da VatiLeaks. 
«Ma non è neanche malato», protestano su Twitter i commentatori ipercattolici. Strano ragionamento. Anche Dio, al settimo giorno, si è fermato per riposare. E se l’ha fatto Lui… Su una cosa i delusi dalle dimissioni papali hanno ragione: si tratta di un gesto che cambierà per sempre la percezione semidivina del papato. «Un Papa dimissionabile – scrive Massimo Franco sul "Corriere della Sera" evocando concetti sussurrati fra le mura della Santa Sede – è più debole, bisogna fermare il contagio, queste dimissioni sono una buonuscita, una ferita istituzionale giuridica di immagine. Il massimo teorico dell’inattualità virtuosa della Chiesa che si fa da parte (...) evoca un peso intollerabile e replicabile a comando in futuro». A preoccupare gli «orfani» di Benedetto XVI non è tanto il fatto in sé, ma il precedente che ha creato. Da Joseph Ratzinger in avanti il Papa non sarà più un superuomo. Per qualcuno è uno scandalo, per noi una gran bella notizia.

© Copyright Corriere del Ticino, 28 febbraio 2013

1 commento:

Luisa ha detto...

La decisione di Papa Benedetto è, per sua stessa ammissione, di una grande gravità e novità, decisione che ci ha scossi e che taluni, è vero, criticano, ma trovo ingiusto liquidare alcune critiche come lo fa Silini, schernendole e riducendole a rumore gracchiante e a voce stonata e irosa.
È appunto questa novità, che Silini descrive così:

"Da Benedetto XVI in avanti esisterà un papato «politico», esercitato dal pontefice regnante, e uno «spirituale» vissuto in tutt’altro modo, senza occupare la cabina di guida e senza «ritornare alla vita privata»"

ad interpellare ed inquietare, per le perspettive e le incognite che apre, chi ha accolto, vive e analizza la decisione del Papa in modo diverso dalla maggioranza di chi si esprime.
Condivido molto di questo articolo ma non la derisione e lo sprezzo per chi non si unisce al coro osannante per la decisione di Papa Benedetto, coro formato anche da persone che il nostro amato Papa lo hanno ignorato, contestato e contrastato.
Io che voglio bene a Papa Benedetto, con il cuore pesante, anche se non la capisco ancora fino in fondo, accetto la sua scelta, ma non rifiuto di ascoltare chi ci allerta su certe conseguenze che alcune reazioni già ci fanno intravedere.