mercoledì 6 febbraio 2013

Gli intransigenti e i «pastorali». Tutti difendono la famiglia (Vecchi)


Gli intransigenti e i «pastorali» Tutti difendono la famiglia

di Gian Guido Vecchi

Giuliano della Rovere era un uomo di mondo e un gran Papa rinascimentale, e quando pensò di rendere ancora più bella la cappella edificata dallo zio Sisto IV non si lasciò condizionare né dal rapporto burrascoso con l'artista in questione né tantomeno dal fatto che fosse notoriamente omosessuale: Giulio II chiamò Michelangelo perché, semplicemente, era il più bravo, ed è davanti ai suoi capolavori che i cardinali, nella Sistina, eleggono il Papa. 
Se lo si chiede a uno storico della Chiesa come Giovanni Maria Vian, direttore dell'Osservatore Romano, la risposta è netta: «La storia è piena di sfumature ed eccezioni, ma nella tradizione ecclesiale e in particolare in quella cattolica non si può parlare di omofobia, è una caricatura». 
Precisazioni che ricorrono, di questi tempi, in Vaticano, e mostrano una preoccupazione essenziale: non fare, assolutamente, della difesa della famiglia tradizionale e della contestazione alle «nozze gay» una questione religiosa né tantomeno confessionale. Mica per niente il quotidiano della Santa Sede ha scelto di intitolare l'ultimo intervento dell'arcivescovo Vincenzo Paglia sul tema in modo per così dire laico: «La famiglia tra Cicerone e Giorgio Gaber».
È chiaro che nella Chiesa le sensibilità sono diverse, tra intransigenti e «pastorali». Sia nei toni sia nella possibilità di riconoscere alle coppie gay, se non altro, la possibilità di «contratti» legali distinti dal matrimonio. Ma l'essenziale ora è seguire la linea tracciata da Benedetto XVI: argomentare razionalmente, respingere ogni accusa di discriminazione e cercare sostegni «esterni» a difesa «della natura» e della «persona umana», contro «l'attentato all'autentica forma della famiglia». 
Il mese scorso il Papa ha ribadito la «profonda erroneità» della «teoria di genere» citando l'intervento del Gran Rabbino di Francia Gilles Bernheim contro il «matrimonio per tutti».
Per questo, l'altro giorno, il presidente del pontificio Consiglio della Famiglia, Vincenzo Paglia, ha chiarito che il matrimonio tra uomo e donna è una dimensione chiara del diritto» e che le leggi sulle nozze gay «portano la società sull'orlo dell'abisso», ma insieme ha insistito «a proposito delle coppie gay» sulla «pari dignità di tutti i figli di Dio»: e si è augurato che «si combatta» anche nella Chiesa la «discriminazione» di «quella ventina di Paesi nei quali l'omosessualità è considerata un reato». 
La Chiesa, peraltro, lo aveva già chiarito nella Lettera ai vescovi per la cura pastorale delle persone omosessuali firmata il 1° ottobre 1986 dal prefetto dell'ex Sant'Uffizio, l'allora cardinale Ratzinger: «Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente». 
L'imbarazzo, piuttosto, nasce quando si parla delle alternative al matrimonio. È giusto riconoscere altre forme di convivenza? Paglia ha parlato di «soluzioni nel diritto privato e in campo patrimoniale», un terreno «che la politica deve cominciare a percorrere tranquillamente». 
Di per sé lo aveva detto anche il cardinale Camillo Ruini il 19 settembre 2005, nel pieno della battaglia contro i Pacs: l'allora presidente della Cei indicò «la strada del diritto comune» oppure di «eventuali norme a loro tutela, qualora emergessero ulteriori esigenze».
Ma niente «modelli legislativi precostituiti», questo no: anche ieri, al settimanale Tempi, Ruini ha ripetuto che la «vera famiglia» è quella tra uomo e donna e «le persone di buon senso, credenti o non, se ne rendono conto». 
Ai tempi il timore della Chiesa era quello, classico, del «piano inclinato»: si comincia così e si arriva al matrimonio. Nel frattempo, però, in Europa ci si sta arrivando lo stesso. Così l'accenno alla soluzione «politica» dell'arcivescovo Paglia può essere letto anche nel senso di soluzioni già prospettate, in questi anni, ai massimi livelli della Chiesa. Quasi un male minore. 
Come quando il cardinale Martini osservò: «Non è male, in luogo di rapporti omosessuali occasionali, che due persone abbiano una certa stabilità e quindi in questo senso lo Stato potrebbe anche favorirli». Una riflessione tratteggiata pure da un cardinale come Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna e allievo di Ratzinger, che tre anni fa butto lì: «In tema di omosessualità si deve anche considerare anche la "qualità" di una relazione...».

© Copyright Corriere della sera, 6 febbraio 2013

3 commenti:

Anonimo ha detto...

La mia domanda è una sola,l'atto omosessuale è peccato fra i più gravi o non lo è più?Un conto è il rispetto della persona,dovuto sempre,un conto è 'avallare'in qualche modo il peccato,perchè sennò il racconto biblico di Sodoma e Gomorra non ha nessun credito......

un ins.di Religione ha detto...

oggi è arrivata una parziale correzione di tiro da parte di mons. Paglia,il quale si è detto meravigliato che le sue parole non siano state comprese correttamente...vedremo...la notizia poi che siano al vaglio dei massimi livelli della Chiesa soluzioni "politiche" al problema,una sorta di "male minore" lo definisce Gian Giudo Vecchi in questo editoriale,non mi convince e mi auguro che non corrisponda al vero. Se l'omosessualità viene considerata dalla Chiesa come "intrinsecamente disordinata" e "contro natura"( CCC 2357)allora lo deve essere sempre,senza contemplare eccezioni,salvacondotti o qualcosa del genere. I precedenti evocati da Vecchi,cioè le "soluzioni" prospettate da porporati come Martini o Schonborn(quest'ultimo c'è chi si ostina ancora a definirlo "alunno fedele" di Ratzinger)non sono secondo me da prendere come esempio. Se l'omosessualità è quanto detto sopra( e x un cattolico è anche UN PECCATO grave),allora non si può parlare di "qualità della relazione" come evocato da Schonborn. Peggio ancora ciò che dice Martini,il quale addirittura pare incoraggiare le unioni gay parlando di "stabilità" da preferire ad un "rapporto occasionale"..Ma che razza di discorsi sono!? qui ci si sta arrampicando sugli specchi rasentando il ridicolo! ma il Catechismo della Chiesa cattolica e il costante Magistero lo conoscono questi cardinali?.. Ma si sa,il card. Martini,pace all'anima sua,in troppe occasioni non ha disdegnato di sbandierare pubblicamente una sorta di "magistero parallelo" conquistandosi non a caso i massimi onori del mondo e della stampa laicista e anticattolica.Schonborn invece è assurto agli onori della cronaca un anno o due fa,quando sconfessando un suo parroco,consentì ad un gay dichiarato e felicemente convivente col proprio compagno di entrare a pieno diritto nel consiglio pastorale della parrocchia. Qui è in ballo la coerenza dello stesso messaggio cristiano: quando 6 anni fa si tentò di introdurre anche in Italia il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto anche omosessuali" (e nessuno allora parlò di matrimonio), la Chiesa si oppose fermamente dichiarando che questo sarebbe stato solo "un primo passo" verso altre rivendicazioni. Era l'anno del grande "Family day",appoggiato convintamente anche dalla Chiesa,la quale vide giusto,considerando quello che sta avvenendo oggi in molti Paesi europei e non solo! Non si può avversare fino a ieri una cosa ed oggi dare l'idea di accettarla col pretesto del "male minore" o del "salvare il salvabile".Io credo che oggi,ancor più di ieri,ci sia bisogno di coerenza: e questa la si ottiene in un unico modo:esponendo senza ambiguità la chiara e costante Dottrina della Chiesa,anche in materia di famiglia!..esattamente come sta facendo il Papa..e con lui qualche altro Vescovo che non ha paura di affrontare i "lupi travestiti da agnello"...

Anonimo ha detto...

Risposta del Magistero ordinario del Sommo Pontefice regnante ai "pastorali", come già riportata da "Alberto il vecchio" in altro dialogo, che qui cade a fagiolo e non aggiungo nulla:

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Benedetto XVI, 12 gennaio 2006: "è un grave errore oscurare il valore e le funzioni della famiglia legittima fondata sul matrimonio, attribuendo ad altre forme di unione impropri riconoscimenti giuridici, dei quali non vi è, in realtà, alcuna effettiva esigenza sociale."

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2006/january/documents/hf_ben-xvi_spe_20060112_admin-roma-lazio_it.html
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gianni