domenica 3 febbraio 2013

Con le armi della luce. Nell'omelia del Papa l'incoraggiamento a vivere nel nostro tempo con ''la sapienza della debolezza''


Su segnalazione di Laura leggiamo:

Con le armi della luce

Nell'omelia del Papa l'incoraggiamento a vivere nel nostro tempo con ''la sapienza della debolezza''

Il bambino Gesù, che viene presentato al Tempio, è “quello stesso che, una volta adulto, purificherà il Tempio e soprattutto farà di se stesso il sacrificio e il sommo sacerdote della nuova Alleanza”. Lo ha ricordato, stasera, Benedetto XVI, presiedendo, nella basilica vaticana, la celebrazione eucaristica con i membri degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, in occasione della Festa della presentazione del Signore e della XVII Giornata mondiale della vita consacrata.

Parole profetiche. “La ‘salvezza’ che Gesù porta al suo popolo, e che incarna in se stesso – ha spiegato il Papa -, passa attraverso la croce, attraverso la morte violenta che Egli vincerà e trasformerà con l’oblazione della vita per amore”. Questa oblazione è “già tutta preannunciata nel gesto della presentazione al Tempio, un gesto certamente mosso dalle tradizioni dell’antica Alleanza, ma intimamente animato dalla pienezza della fede e dell’amore che corrisponde alla pienezza dei tempi, alla presenza di Dio e del suo Santo Spirito in Gesù”. Lo Spirito, in effetti, “aleggia su tutta la scena della presentazione di Gesù al Tempio, in particolare sulla figura di Simeone, ma anche di Anna”. È “lo Spirito che suggerisce le parole profetiche di Simeone e Anna, parole di benedizione, di lode a Dio, di fede nel suo Consacrato, di ringraziamento perché finalmente i nostri occhi possono vedere e le nostre braccia stringere ‘la sua salvezza’”. 

Riflesso della luce di Cristo. Il tema della luce, ha evidenziato il Pontefice, è “fortemente presente in questa liturgia”, aperta da una “suggestiva processione”, a cui “hanno partecipato i superiori e le superiore generali degli Istituti di vita consacrata qui rappresentati, che portavano i ceri accesi”. Per il Santo Padre, “questo segno, specifico della tradizione liturgica di questa Festa, è molto espressivo. Manifesta la bellezza e il valore della vita consacrata come riflesso della luce di Cristo; un segno che richiama l’ingresso di Maria nel Tempio: la Vergine Maria, la consacrata per eccellenza, portava in braccio la Luce stessa, il Verbo incarnato, venuto a scacciare le tenebre dal mondo con l’amore di Dio”. 

Alimentare la fede. “Tutti voi siete stati rappresentati in quel simbolico pellegrinaggio, che nell’Anno della fede esprime ancora di più il vostro convenire nella Chiesa, per essere confermati nella fede e rinnovare l’offerta di voi stessi a Dio”, ha detto Benedetto XVI ai consacrati. “Nella luce di Cristo – ha aggiunto -, con i molteplici carismi di vita contemplativa e apostolica, voi cooperate alla vita e alla missione della Chiesa nel mondo”. In questo “spirito di riconoscenza e di comunione”, il Papa ha rivolto ai consacrati tre inviti per “entrare pienamente in quella ‘porta della fede’ che è sempre aperta per noi”. Innanzitutto, un invito “ad alimentare una fede in grado di illuminare” la “vocazione”, facendo “memoria, come in un pellegrinaggio interiore, del ‘primo amore’ con cui il Signore Gesù Cristo ha riscaldato” il loro “cuore, non per nostalgia, ma per alimentare quella fiamma”. E per questo “occorre stare con Lui, nel silenzio dell’adorazione; e così risvegliare la volontà e la gioia di condividerne la vita, le scelte, l’obbedienza di fede, la beatitudine dei poveri, la radicalità dell’amore”. A partire sempre nuovamente da questo incontro d’amore i consacrati lasciano “ogni cosa per stare con Lui” e mettersi come Lui “al servizio di Dio e dei fratelli”. 

Evangelico segno di contraddizione. In secondo luogo, un invito “a una fede che sappia riconoscere la sapienza della debolezza”. Nelle gioie e nelle afflizioni del tempo presente, “quando la durezza e il peso della croce si fanno sentire”, i consacrati non debbono dubitare che “la kenosi di Cristo è già vittoria pasquale. Proprio nel limite e nella debolezza umana siamo chiamati a vivere la conformazione a Cristo, in una tensione totalizzante che anticipa, nella misura possibile nel tempo, la perfezione escatologica”. Per il Pontefice, “nelle società dell’efficienza e del successo”, la vita dei consacrati “segnata dalla ‘minorità’ e dalla debolezza dei piccoli, dall’empatia con coloro che non hanno voce, diventa un evangelico segno di contraddizione”. Infine, un invito “a rinnovare la fede” per “essere pellegrini verso il futuro. Per sua natura la vita consacrata è pellegrinaggio dello spirito, alla ricerca di un Volto che talora si manifesta e talora si vela”. Questo sia, ha suggerito il Santo Padre ai consacrati, “l’anelito costante del vostro cuore, il criterio fondamentale che orienta il vostro cammino, sia nei piccoli passi quotidiani che nelle decisioni più importanti. Non unitevi ai profeti di sventura che proclamano la fine o il non senso della vita consacrata nella Chiesa dei nostri giorni; piuttosto rivestitevi di Gesù Cristo e indossate le armi della luce – come esorta san Paolo – restando svegli e vigilanti”. La gioia della vita consacrata, ha osservato Benedetto XVI, “passa necessariamente attraverso la partecipazione alla croce di Cristo. Così è stato per Maria Santissima. La sua è la sofferenza del cuore che forma un tutt’uno col Cuore del Figlio di Dio, trafitto per amore. Da quella ferita sgorga la luce di Dio, e anche dalle sofferenze, dai sacrifici, dal dono di se stessi che i consacrati vivono per amore di Dio e degli altri si irradia la stessa luce, che evangelizza le genti”. 

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