lunedì 25 febbraio 2013

Benedetto XVI, Pontificato nel segno della "sana laicità" (Quaratino)

Benedetto XVI, pontificato nel segno di 'sana laicita''

Popolo decide ordinamento stato, ma religione non e'sfera privata

di Enzo Quaratino

CITTA' DEL VATICANO - Non puo' essere la Chiesa a indicare quale ordinamento politico e sociale sia da preferirsi, ma e' il popolo che deve decidere liberamente; allo stesso modo, lo Stato non puo' considerare la religione come un semplice sentimento individuale, che si potrebbe confinare al solo ambito privato. Al contrario, la religione, essendo anche organizzata in strutture visibili, come avviene per la Chiesa, va riconosciuta come presenza comunitaria pubblica.
E' questa la ''sana laicita''', che Papa Benedetto XVI ha proposto nel suo pontificato riguardo ai rapporti Stato-Chiesa e che ha piu' volte illustrato, in particolare il 9 dicembre 2006 in un discorso all'Unione Giuristi Cattolici Italiani. In realta' - ha piu' volte osservato Papa Benedetto XVI - oggi la laicita' viene comunemente intesa come esclusione della religione dai vari ambiti della societa' e come suo confino nell'ambito della coscienza individuale.
La laicita', dunque - secondo taluni - si esprimerebbe nella totale separazione tra lo Stato e la Chiesa, non avendo quest'ultima titolo alcuno ad intervenire su tematiche relative alla vita e al comportamento dei cittadini; la laicita' comporterebbe addirittura l'esclusione dei simboli religiosi dai luoghi pubblici destinati allo svolgimento delle funzioni proprie della comunita' politica: da uffici, scuole, tribunali, ospedali, carceri. E in base a queste molteplici maniere di concepire la laicita' si parla oggi di pensiero laico, di morale laica, di scienza laica, di politica laica. Rispetto a una tale ''visione a-religiosa della vita, del pensiero e della morale: una visione, cioe', in cui non c'e' posto per Dio'' - ha osservato Benedetto XVI - e' compito ''di tutti i credenti, in particolare dei credenti in Cristo, contribuire ad elaborare un concetto di laicita' che, da una parte, riconosca a Dio e alla sua legge morale, a Cristo e alla sua Chiesa, il posto che ad essi spetta nella vita umana, individuale e sociale; e, dall'altra, affermi e rispetti la 'legittima autonomia delle realta' terrene', intendendo con tale espressione, come ribadisce il Concilio Vaticano II, che 'le cose create e le stesse societa' hanno leggi e valori propri, che l'uomo gradatamente deve scoprire, usare e ordinare'' (Gaudium et spes, 36)''.
Questa affermazione conciliare - ha spiegato il Papa - costituisce ''la base dottrinale di quella 'sana laicita'' che implica l'effettiva autonomia delle realta' terrene, non certo dall'ordine morale, ma dalla sfera ecclesiastica. Non puo' essere pertanto la Chiesa a indicare quale ordinamento politico e sociale sia da preferirsi, ma e' il popolo che deve decidere liberamente i modi migliori e piu' adatti di organizzare la vita politica. Ogni intervento diretto della Chiesa in tale campo sarebbe un'indebita ingerenza. D'altra parte, la "sana laicità" comporta che lo Stato non consideri la religione come un semplice sentimento individuale, che si potrebbe confinare al solo ambito privato. Al contrario, la religione, essendo anche organizzata in strutture visibili, come avviene per la Chiesa, va riconosciuta come presenza comunitaria pubblica. Questo comporta inoltre che a ogni Confessione religiosa (purche' non in contrasto con l'ordine morale e non pericolosa per l'ordine pubblico) sia garantito il libero esercizio delle attivita' di culto - spirituali, culturali, educative e caritative - della comunita' dei credenti''.
In base a queste considerazioni, ''non e' certo espressione di laicita', ma sua degenerazione in laicismo'' - ha piu' volte spiegato Benedetto XVI - l'ostilita' a ogni forma di rilevanza politica e culturale della religione; alla presenza, in particolare, di ogni simbolo religioso nelle istituzioni pubbliche. Come pure non e' segno di sana laicita' - ha detto ancora Benedetto XVI - il rifiuto alla comunita' cristiana, e a coloro che legittimamente la rappresentano, del diritto di pronunziarsi sui problemi morali che oggi interpellano la coscienza di tutti gli esseri umani, in particolare dei legislatori e dei giuristi. Non si tratta, infatti, di indebita ingerenza della Chiesa nell'attivita' legislativa, propria ed esclusiva dello Stato, ma dell'affermazione e della difesa dei grandi valori che danno senso alla vita della persona e ne salvaguardano la dignita'.
''Questi valori - ha ancora spiegato il Papa - prima di essere cristiani, sono umani, tali percio' da non lasciare indifferente e silenziosa la Chiesa, la quale ha il dovere di proclamare con fermezza la verita' sull'uomo e sul suo destino''. Partendo da queste premesse, e' anche arrivato un monito deciso del Papa: ricordi l'uomo - ha ammonito Benedetto XVI - che ''senza Dio'' egli ''e' perduto'' e ''l'esclusione della religione dalla vita sociale, in particolare la marginalizzazione del cristianesimo, mina le basi stesse della convivenza umana. Prima di essere di ordine sociale e politico, queste basi, infatti, sono di ordine morale''.

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