mercoledì 23 gennaio 2013

Il messaggio di Gesù nel digitale. A colloquio con l'arcivescovo Celli (Ponzi)

A colloquio con l'arcivescovo Celli alla vigilia della presentazione del messaggio per la giornata delle comunicazioni sociali

Il messaggio di Gesù nel digitale


di Mario Ponzi


Come i primi discepoli furono inviati a percorrere le strade tortuose di un mondo sconosciuto, l0ntano da Dio, dominato dall'idolatria e da una logica ostile, così oggi nuovi apostoli sono inviati sui sentieri del mondo digitale. Un mondo in gran parte ancora da scoprire, che conosce Dio ma tende a rinnegarlo, o almeno a tenerlo lontano dal suo orizzonte, ripiegato come è su se stesso e con la spicccata tendenza a «un prometeismo tecnologico». Cita le parole del Papa alla Plenaria di Cor Unum l'arcivescovo Claudio Maria Celli, per spiegare -- nell'intervista rilasciata al nostro giornale alla vigilia della presentazione del messaggio per la prossima giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che si celebra il 12 maggio -- la scelta di Benedetto XVI di essere presente nella realtà della rete, forse troppo frettolosamente etichettata come “virtuale”, per renderla più umana e cogliere le opportunità di trasformarla «nell'agorà del terzo millennio dove far risuonare la Parola del Vangelo».


«Reti sociali porte di verità e di fede: nuovi spazi di evangelizzazione». Dal tema scelto per questa quarantasettesima giornata mondiale sembrerebbe evidente l'intenzione di rivoltare il concetto di “luogo virtuale” con il quale spesso sono etichettate le “piazze” aperte dai social network. Secondo lei è possibile instaurare su queste piazze relazioni vere?


È proprio questa la sfida che il Papa ha voluto raccogliere scegliendo il tema di riflessione per questa giornata mondiale delle comunicazioni sociali. È indubbiamente una grande sfida. Le reti sociali sono frequentate da varie centinaia di milioni di persone e le statistiche, su base internazionale, ci dicono che il 67 per cento di coloro che le “abitano” condividono principalmente opinioni su musica o film; il 43 parla di sport, il 34 però di problematiche politiche, e il 14 di religione. Sono proprio questi dati -- pur con tutti i limiti di una indagine sociologica -- a far comprendere l'attualità della proposta. Il tema, infatti, tende a individuare nelle reti sociali porte di verità e di fede per entrare in nuovi spazi di evangelizzazione. A questo riguardo trovo significativo il fatto che già varie volte il Papa abbia invitato gli “abitanti” delle reti a essere autentici, perché una cosa è certa: non si comunicano più solamente informazioni o conoscenze ma, in definitiva, si condivide se stessi. La proposta di questa giornata è quella di far sì che la presenza nella rete sia un momento di verità su Dio e sull'uomo; che i vari legami, che possono instaurarsi nella rete, siano più ricchi e profondi e possano favorire la crescita di una comunità umana sempre più attenta alle esigenze, alle speranze dell'uomo e della donna di oggi.


È in questo spirito che rientra l'esperienza avviata da Benedetto XVI con i suoi tweet?


Il desiderio profondo del Papa è quello di essere accanto agli uomini e alle donne di oggi ovunque essi si trovino ad “abitare”. È consapevole di quanto oggi le persone incontrino difficoltà nel proprio vivere, di quanto stia aumentando una certa desertificazione spirituale. I tweet del Papa vogliono essere quelle che io definisco gocce di rugiada, che possono alleviare la sete di verità e di amore dell'uomo che si trova a percorrere, molte volte in piena solitudine, il proprio cammino nella storia. Il fatto che in poco tempo i followers abbiano già superato i due milioni e mezzo significa che il Papa ha saputo trovare un linguaggio comprensibile agli uomini e alle donne di oggi, specialmente ai giovani, e offrire loro quelle scintille di verità, quelle pillole di saggezza che possono facilitare e arricchire il loro cammino.


Proprio questa presenza del Papa nel mondo del “cinguettio”, però, ha messo in evidenza alcuni aspetti negativi: per esempio, la piazza aperta dà spazio anche alle pur legittime contestazioni e critiche. Quando però si passa alle offese, al dileggio, forse qualche problema si pone o, se non altro, si impone una riflessione.


È vero: entrare, pur se con rispetto, come ha fatto il Papa nell'agorà originato dalle nuove tecnologie, significa anche ricevere messaggi poco rispettosi, offensivi. Dispiace che questo sia accaduto con la persona del Papa, ma il fatto non ha colto di sorpresa. Chi conosce più da vicino questo habitat degli uomini e delle donne di oggi è consapevole dei rischi che si corrono. Del resto anche Gesù è stato schernito e dileggiato, ma non per questo ha rinunciato alla sua missione. Certo fanno più notizia le offese che non la gran mole di quanti mostrano di gradire e di voler approfittare di questo nuovo spazio di conoscenza e di dialogo con il Papa. Ci sono tante, tantissime belle testimonianze, e noi preferiamo guardare a queste. Il Pontefice desidera fortemente essere accanto a ogni uomo e a ogni donna per comunicare loro -- anche se con un brevissimo messaggio di appena 140 caratteri -- che sono amati appassionatamente da Dio.


I nuovi mezzi di comunicazione hanno radicalmente cambiato il modo di evangelizzare. È pur vero però che in molti non sono ancora in possesso della tecnologia necessaria: penso soprattutto ai sacerdoti in missione nei territori più sperduti e lontani. Non si corre il rischio di un'evangelizzazione a due velocità? Cosa si può fare secondo lei per far sì che tutti abbiano le stesse opportunità di trasmettere e ricevere il messaggio evangelico?


Il grande ministero dell'evangelizzazione rimane invariato in ogni situazione. Nel senso che è e resta fondato sull'annuncio personale, sull'incontro con la comunità. Le nuove tecnologie sono solo delle nuove opportunità, ma il cammino dell'evangelizzazione resta legato alla testimonianza, alla comunità che lo accoglie. Naturalmente i nuovi mezzi di comunicazione aiutano e allargano gli spazi. Rimane però imprescindibile il coinvolgimento personale e a quel punto tutti i mezzi sono utili a raggiungere lo scopo. Il Papa, nel suo messaggio, fa proprio appello alla primaria necessità di un impegno autentico, in qualsiasi ambito, dunque anche nelle reti sociali. Le attuali tecnologie certamente offrono più ampie possibilità di presenza, di annuncio, di condivisione, di rivolgersi agli uomini e alle donne di oggi, specialmente ai giovani, del nostro tempo con il loro linguaggio. Ma il messaggio è uno, sempre identico comunque lo si diffonda: Gesù. Dobbiamo imparare piuttosto a toccare la mente, il cuore, l'immaginazione dell'uomo e della donna del nostro tempo. Solo questo è ciò che conta.


E la Santa Sede come si è attrezzata per sostenere un cambiamento così radicale nel modo di fare comunicazione?


Da tempo la Santa Sede, sulla scia di quanto aveva già detto Giovanni Paolo II quando aveva invitato la comunità cristiana a guardare con attenzione alla cultura digitale originata dalle nuove tecnologie, ha deciso di mettere in campo una serie di iniziative ormai note: un portale multimediatico di grande levatura che è ormai diventato un punto di riferimento per quanti vogliano conoscere e comunicare con la Santa Sede. Ogni giorno, tanto per fare dei numeri, si va dai dodicimila ai trentamila visitatori con una permanenza nel sito di due minuti e trenta di media: abbiamo poi aperto un canale YouTube proprio su impulso del Papa, così come per volontà di Benedetto XVI siamo presenti nel mondo dei tweet. Per far capire quanto il Papa tenga a questa presenza e come la consideri, basta guardare all'ultimo “cinguettio” in latino. Pensi che sono già oltre ottomila i followers di questo account. Fondamentale resta il fatto che attraverso questi canali le parole del Papa giungono a persone che non avrebbero alcun altro mezzo per conoscerle.


(©L'Osservatore Romano 23 gennaio 2013)

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