venerdì 7 dicembre 2012

Tre grazie per la Chiesa. A colloquio con padre Raniero Cantalamessa alla vigilia della prima predica d'Avvento (Gori)

A colloquio con padre Raniero Cantalamessa alla vigilia della prima predica d'Avvento

Tre grazie per la Chiesa


di Nicola Gori


Anno della fede, nuova evangelizzazione e 50° anniversario dell'apertura del concilio Vaticano II. Tre «grazie» sulle quali padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, ha impostato le prediche di Avvento di quest'anno. Abbiamo chiesto al frate minore cappuccino, in questa intervista, di anticipare alcuni dettagli sulle meditazioni che terrà alla presenza del Papa.


Argomenti d'obbligo quelli scelti per le prediche d'Avvento di quest'anno.


Direi proprio di sì perché nella predicazione alla Casa Pontificia, cerco di farmi guidare, nella scelta dei temi, dalle grazie o dalle ricorrenze speciali che la Chiesa vive in un dato momento della sua storia. Di recente abbiamo avuto l'apertura dell'Anno della fede, il cinquantesimo anniversario del concilio Vaticano II e il Sinodo dei vescovi sul tema «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana». Mi è sembrato perciò naturale svolgere in questo Avvento una riflessione su ognuno di questi tre avvenimenti.


La riflessione sul Vaticano II punterà a porre l'accento su cosa c'è ancora da realizzare?


Più che su quello che manca alla realizzazione del concilio Vaticano II, io penso di insistere su quello che si è già realizzato e che forse è passato inosservato perché non si colloca nel campo ristretto delle attese degli uomini, ma in quello molto diverso e più ampio degli interessi e delle priorità di Dio. Nella commemorazione ufficiale di Giovanni XXIII, tenuta all'apertura della seconda sessione del concilio, il cardinale Léon-Joseph Suenens che era stato particolarmente vicino al defunto pontefice nella preparazione del medesimo, descrisse così quello che il concilio doveva essere secondo il Papa: «Per lui il concilio non era anzitutto una riunione dei vescovi con il Papa, un ritrovarsi insieme sul piano orizzontale. Era prima di tutto un incontro collettivo del collegio episcopale con lo Spirito Santo, un incontro verticale, la totale apertura a un'immensa effusione dello Spirito Santo, una specie di nuova Pentecoste». È su questa base, nella corrispondenza a questa intenzione originaria, che si deve, penso, misurare il successo o l'insuccesso del Concilio.


L'Anno della fede interpella ogni battezzato a riscoprire il fondamento del suo credo. Perché tanta difficoltà nella nostra società a credere in Dio?


Benedetto XVI, nel motu proprio Ubicumque et semper con cui istituiva il nuovo Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, parla di Paesi di antica cultura cristiana divenuti «refrattari» al messaggio evangelico. La refrattarietà dipende da molti fattori. In una precedente predicazione di Avvento ho cercato di individuarne tre: lo scientismo ateo, il razionalismo e il secolarismo. Lo scientismo ateo, con il prestigio che gli viene dalle scoperte scientifiche e tecniche, tende a far apparire la fede un residuo di una epoca prescientifica; il razionalismo tende a minare l'idea stessa di fede, cioè di una credenza che supera la ragione; il secolarismo tende a ricacciare la fede nel privato, quando non esclude a priori ogni idea di trascendenza, riducendo tutto alla dimensione temporale e intra-mondana. I mezzi di comunicazione fanno da cassa di risonanza a questo spirito del tempo. C'è però da dire che se la fede perde in quantità, guadagna in qualità. Quelli che oggi si professano credenti lo sono davvero, per decisione propria, non per tradizione o conformismo, e sono molto più attivi nella Chiesa e nella evangelizzazione che in passato.


La nuova evangelizzazione comporterà cambiamenti significativi nel modo di trasmettere il Vangelo all'uomo d'oggi?


Per me c'è da cambiare tutto e nulla, nel senso che tutto quello che si fa, piccolo o grande che sia, se c'è la potenza dello Spirito Santo produce nuovi credenti e nuovi figli di Dio, se no si verifica quello che diceva Isaia: «Abbiamo concepito, siamo stati in doglie, e, quando abbiamo partorito, era vento; non abbiamo portato nessuna salvezza al paese e non sono nati degli abitanti nel mondo» (Is 26, 18). Paolo VI nella Evangelii nuntiandi lo ha detto con chiarezza: «Lo Spirito Santo è l'agente principale dell'evangelizzazione».


Ci sono anche errori da evitare nell'evangelizzazione?


Un errore da evitare, tra i molti possibili, è quello di passare più tempo a confutare l'errore contrario che a far risplendere la verità della fede. Lo diceva già lo Pseudo Dionigi Areopagita: Si guadagna di più nell'esporre la propria verità irenicamente, «con dolcezza e rispetto», dice la prima Lettera di Pietro, che nell'attaccare l'errore altrui. In questo anno della fede dovremmo riuscire a far brillare davanti agli uomini disincantati del nostro tempo lo splendore della verità e la bellezza della vocazione cristiana. È l'intenzione e la speranza con cui Benedetto XVI ha indetto l'anno della fede.


Che ruolo possono avere nell'annuncio i nuovi mezzi di comunicazione sociale?


I mezzi di comunicazione sociale possono avere un ruolo fondamentale, anche se solo strumentale. Essi sono oggi quello che erano le vie di comunicazione costruite dai romani e che facilitarono all'inizio la diffusione del cristianesimo. Un Padre della Chiesa benediceva l'impero romano per questo. Non so se possiamo farlo oggi nei confronti delle vie virtuali. Mc Luhan diceva che «il mezzo è il messaggio». Non credo che questo valga per il messaggio del Vangelo; ma se il mezzo -- tv, internet e via dicendo -- non può essere il messaggio, almeno c'è da augurarsi che non sia contro di esso. Naturalmente questo dovrebbe stimolare i credenti a rendersi presenti nei mezzi di comunicazione e ad usare bene quelli a disposizione. La lunga esperienza fatta in televisione nel programma «A sua immagine» mi ha fatto toccare con mano cosa può produrre la parola del Vangelo che ti viene a trovare in casa, che ti parla senza chiederti neppure di uscire fuori.


(©L'Osservatore Romano 7 dicembre 2012)

Nessun commento: