lunedì 3 dicembre 2012

@pontifex cinguettii in otto lingue. L'iniziativa presentata nella Sala Stampa della Santa Sede (Ponzi)

L'iniziativa presentata nella Sala Stampa della Santa Sede

@pontifex cinguettii in otto lingue


di Mario Ponzi


Sala Stampa della Santa Sede gremita come per le grandi occasioni, un panel di tutto rilievo per presentare l'avvenimento mediatico forse più atteso di questi ultimi tempi: lo «sbarco» -- come si dice in gergo -- del Papa su Twitter, il social network dei centoquaranta caratteri. La notizia, più che nell'aria, era già nota da tempo. E non si tratta neppure di una novità assoluta perché Benedetto XVI ha già frequentato il mondo del microblogging lo scorso anno. Questa volta però la frequentazione diventa fissa, con tanto di account personalizzato -- @pontifex, che è in inglese, e in altre sette lingue, arabo compreso -- ed è stata fissata la data del primo “cinguettio” strutturato: mercoledì prossimo, 12 dicembre, in coincidenza con l'udienza generale. E a significare l'importanza attribuita dal popolo di Twitter (cinquecento milioni di persone in tutto il mondo, il 40 per cento delle quali di età compresa tra i 18 e i 40 anni) un'agenzia di stampa ha registrato quarantamila follower subito dopo l'annuncio dell'account di Papa Ratzinger.

Motivazioni, dati tecnici e riferimenti storici dell'iniziativa sono stati illustrati lunedì mattina, 3 dicembre, ai giornalisti dal presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, arcivescovo Claudio Maria Celli; dal segretario del medesimo dicastero, monsignor Paul Tighe, da Greg Burke, media adviser della Segreteria di Stato, da Gustavo Entrala, della società spagnola 101.es, e dal direttore del nostro giornale, presentati da padre Federico Lombardi nella sua triplice veste di direttore della Sala Stampa, della Radio Vaticana e del Centro Televisivo Vaticano.

Le motivazioni innanzitutto. Le ha spiegate l'arcivescovo Celli prendendo spunto da alcune domande postegli in questi giorni, tutte convergenti sulla opportunità o meno di «dare tanta importanza al modernismo». Il presule ha semplicemente ricordato quello che Paolo VI scriveva nella Evangelii nuntiandi già nel 1975, a proposito del senso di colpa davanti a Dio che avrebbe dovuto provare la Chiesa qualora non avesse usato tutti i mezzi messi a disposizione dalla tecnologia per annunciare il Vangelo. E poi, sottolineando un aspetto tutto particolare della personalità di Benedetto XVI, ha messo l'accento sul grande desiderio del Pontefice di andare a incontrare l'uomo e la donna dovunque essi si trovino e instaurare con loro un dialogo. Un dialogo intessuto sì nel telaio dei centoquaranta caratteri, ma perfettamente strutturato nella forma stessa dei versetti biblici, a testimoniare che l'essenzialità del messaggio può essere colta in poche parole: tutto dipende, ha detto, dallo spessore di chi lo lancia e da quello di chi lo riceve. In questo senso, ha concluso l'arcivescovo, quelle del Papa saranno «pillole di saggezza».

Burke ha dato le indicazioni tecniche su come si svilupperà l'iniziativa. Sarà il Papa stesso proprio il 12 dicembre, festa di Nostra Signora di Guadalupe, a lanciare il primo tweet durante l'udienza generale. Il contenuto sarà il nucleo centrale della sua catechesi che, secondo le sue indicazioni, sarà sintetizzato proprio a cura del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Inizialmente si terrà come data proprio quella delle udienze generali, ma in seguito avranno certamente una frequenza maggiore. Il criterio della scelta sarà ispirato dalle domande indirizzate al Pontefice su questioni relative alla fede. Molte domande sono state già inviate; altre potranno essere formulate sino al 12 dicembre prossimo indirizzandole a #askpontifex. Per ulteriori informazioni si può ricorrere a http://blog.twitter.com/.
Certamente la presenza del Papa nel mondo dei social network, con i suoi messaggi in centoquaranta caratteri, è un segno dei tempi. Ma non si tratta di qualcosa che va al di là della missione affidata da Cristo alla sua Chiesa, e non si discosta dalla originaria capacità comunicativa della Chiesa. Lo ha ricordato il nostro direttore, che ha disegnato a grandissime linee il quadro storico di riferimento. La prima citazione è stata per Paolo VI: il 4 ottobre 1965 davanti all'assemblea delle Nazioni Unite, «nel discorso divenuto noto come quello dei cristiani “esperti in umanità”», Montini «aggancia una dietro l'altra frasi straordinariamente efficaci». Vian si è riferito a tre in particolare: «“Noi celebriamo qui l'epilogo di un faticoso pellegrinaggio in cerca di un colloquio con il mondo intero”; e ancora: “Non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei popoli e dell'intera umanità!”; e infine: “Le armi, quelle terribili, specialmente, che la scienza moderna vi ha date, ancor prima che produrre vittime e rovine, generano cattivi sogni”. Tre frasi -- ha proseguito Vian -- che sembrano fatte per Twitter. I cristiani, esperti in umanità, per questo sono da sempre esperti in comunicazione: del resto un altro testo adattissimo a un tweet, e cioè “Quello che ascoltate nell'orecchio, annunciatelo dalle terrazze” è un detto di Gesù riferito nel decimo capitolo del Vangelo di Matteo».
Tutto ciò per dire che «è talmente importante la comunicazione che i cristiani trasformano uno dei supporti della comunicazione nel mondo antico, cioè la forma del libro, dal rotolo al codice, cioè quello che usiamo ancora sino a oggi, sino alle tavolette, i tablet». A questo proposito Vian ha ricordato una lettera immaginaria scritta dal patriarca di Venezia, Albino Luciani, a Walter Scott nel marzo 1973 sul «Messaggero di Sant'Antonio»: «Il giornale ci arriverà in casa proiettato su una specie di teleschermo e, autocopiato, staccato, si potrà leggere seduta stante».
In venti secoli di storia, ha detto ancora il nostro direttore, si sono succedute diverse forme di comunicazione: «Dai catechismi Q&A, cioè “botta e risposta”, che si diffondono già in età carolingia, fino a quelli del concilio di Trento e di Pio X, per arrivare a YouCat». Per ciò che riguarda la Santa Sede, Vian ha ricordato «un giornale voluto da Pio IX nel 1861 e che oggi ha un sito quotidiano in sette lingue; una radio pensata ancora prima della costituzione dello Stato, grazie a Papi tradizionalmente molto sensibili alla comunicazione, da Pio XII, a Giovanni Paolo II, a Benedetto XVI». Per essere, come disse Montini nel 1950 a Jean Guitton, antichi e moderni: parlare cioè secondo la tradizione cristiana, ma perché gli uomini e le donne del nostro tempo capiscano.

(©L'Osservatore Romano 3-4 dicembre 2012)

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