domenica 30 dicembre 2012

L'entusiasmo della fede. Tra i partecipanti all'incontro di Taizé in svolgimento a Roma (Cristian Martini Grimaldi)


Tra i partecipanti all'incontro di Taizé in svolgimento a Roma

L'entusiasmo della fede

di Cristian Martini Grimaldi

Arianna ha 19 anni, è di Cuneo ma attualmente vive in Repubblica Ceca ed è attiva nel volontariato internazionale. È arrivata a Roma, in pellegrinaggio come tanti altri giovani. «Conosco Taizé -- dice -- da un anno e sono protestante. Ho cercato sempre degli incontri ecumenici. Un mio amico me ne ha parlato e sono diventata subito un'appassionata. È l'ambiente che ti entusiasma, tutti questi giovani che vengono da Paesi diversi; c'è poi la voglia di trovare e di condividere un orizzonte comune, qualcosa che sia alternativo ai valori di riferimento della società dei consumi. Taizé ti permette di riscoprire te stessa con l'aiuto di una musica che ci esalta tantissimo. I canti ripetitivi, brevi, ti permettono di capire il significato profondo delle parole».
I giovani pellegrini, nella loro prima giornata romana, si accalcano verso sera nella basilica di Santa Maria Maggiore. Pierfranco è insegnante di matematica ad Alba, provincia di Cuneo. Ha 28 anni. È cattolico. Ha preso a frequentare la comunità dieci anni fa. «Tramite alcuni amici sono entrato in contatto con i fratelli di Taizé. Sono stato lì in Francia e quello che ti colpisce è vedere tanta gente credere nelle stesse cose. Ci connette una fede profonda. Ma aiuta anche il rito che è essenziale, mette in comunione popoli, culture e confessioni diverse. L'essenzialità stessa della ritualità è centrale per poter allargare la base di partecipazione».
Dentro la basilica siedono in centinaia, anzi migliaia, rivolti verso l'altare. Siedono per terra. Come fossero su un prato. I frères sono davanti che leggono le preghiere nelle diverse lingue. Ed è la musica, i canti, ciò che più colpisce chi per la prima volta partecipa alla liturgia della Parola nello stile della Comunità di Taizé. Chi canta prega due volte diceva sant'Agostino. Quelli di Taizé hanno fatto della preghiera un canto sublime.
Gerrip e Hanna sono protestanti, vengono dai Paesi Bassi, hanno 30 anni. Lui lavora per il Comune di Ermelo. Lei è assistente in uno studio dentistico. «Conosciamo la comunità da circa dieci anni. Avevamo molte domande la prima volta che siamo stati a Taizé. Non capivamo all'inizio di cosa si trattasse. Gente così diversa, di confessioni diverse, eppure si percepisce la comunità nonostante le differenze. Ci accomuna in fondo lo stesso libro sacro e la figura di Cristo. Chi partecipa a questi incontri sembra che riesca a vedere la bellezza che è nella gente. Sono persone che riescono a perdonare più facilmente. La gente normalmente è meno incline al perdono, perché può contare solo sulla vita materiale e non ha la prospettiva di un'esistenza spirituale che trascenda la morte. Si perdona più facilmente se prendi coscienza che la vita materiale non è tutto. Per questo l'incontro con Dio è il più importante, ma l'incontro con gli altri ci permette di avvicinarci a Dio. Dunque insieme ci avviciniamo a Dio in modo più efficace che se fossimo da soli».
E quello che avviene nel corso di questo incontro europeo dei giovani sembra infatti un esercizio alla solidarietà in vista di un bene personale e comune al tempo stesso. Qui l'altro diventa la tappa di un pellegrinaggio che porta alla scoperta interiore. Qui la fiducia nel prossimo perde ogni senso di materialità e diventa la soluzione all'equazione esistenziale per eccellenza: il senso ultimo dello stare al mondo.
La fiducia in Dio fa nascere uno sguardo nuovo sugli altri, sul mondo, sull'avvenire, recita proprio una proposta tratta dal libretto dell'incontro. Le preghiere sono anticipate dai canti e i canti sono alternati da meditazione e silenzio. E il silenzio che ritorna tra un canto e l'altro è un momento di riflessione che può anche durare dieci minuti. Ma forse è solo l'impressione di chi ormai non è più abituato a confrontarsi con la totale assenza di suoni, circondati come siamo ovunque da sottofondi musicali e colonne sonore per la sollecitazione agli acquisti. Qui il silenzio è totale: s'odono solo i colpi di tosse e lo sfogliare delle pagine del libretto dell'incontro sul quale sono anche stampate le preghiere comuni e i canti con tanto di spartito musicale.
Non tutti seguono il canto (sconosciuto ai molti giovani che partecipano agli incontri per la prima volta), però tutti osservano il rigoroso silenzio. Ed è proprio il silenzio, anzi l'adorazione in silenzio, come dice il priore, fratel Alois, che nutre la riflessione e l'intelligenza. Ma, ancora di più, ci mette di fronte al mistero di Dio.
E poi dal fondo della basilica risuonano nuovamente le parole del fratello di Taizé che scandiscono la conclusione della preghiera: «Non ci accontentiamo della mediocrità». È un pensiero che nutre ottimismo e speranza. Che poi a tradurlo in senso pratico è anche il messaggio più ambizioso da rivolgere ai giovani: non ci accontentiamo di vivere solo per noi stessi.

(©L'Osservatore Romano 30 dicembre 2012)

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