mercoledì 5 dicembre 2012

Il Papa: la Verità che è Amore può essere la roccia della nostra stabilità (Izzo)

PAPA: VERITA' CHE E' AMORE PUO' ESSERE ROCCIA NOSTRA STABILITA'

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 5 dic. 

Sforzarsi di applicare fino in fondo il Vangelo nella nostra vita significa "lasciarsi afferrare dalla Verita' che e' Dio, una Verita' che e' Amore". E cio' comporta "un cambiamento fondamentale e totalizzante del modo di rapportarsi con l'intera realta'". 
Lo ha affermato Benedetto XVI nell'Udienza Generale di oggi, commentando la celebre "espressione agostiniana" che spiega perche' la verita' non puo' non coinvolgerci intimamente. 
"Si tratta - ha spiegato - di una vera 'conversione', un 'cambiamento di mentalita'', perche' il Dio che si e' rivelato in Cristo e ha fatto conoscere il suo disegno di amore, ci afferra, ci attira a Se', diventa il senso che sostiene la vita, la roccia su cui essa puo' trovare stabilita'". 
Ai 5 mila fedeli raccolti nell'Aula Nervi, il Papa teologo ha ricordato che "nell'Antico Testamento troviamo una densa espressione sulla fede, che Dio affida al profeta Isaia affinche' la comunichi al re di Giuda, Acaz: 'Se non crederete - cioe' se non vi manterrete fedeli a Dio - non resterete saldi'". Secondo il profeta Isaia, "esiste quindi - ha aggiunto - un legame tra lo stare e il comprendere, che esprime bene come la fede sia un accogliere nella vita la visione di Dio sulla realta', lasciare che sia Dio a guidarci con la sua Parola e i Sacramenti nel capire che cosa dobbiamo fare, qual e' il cammino che dobbiamo percorrere. come vivere! Nello stesso tempo, pero', e' proprio il comprendere secondo Dio, secondo la sua volonta', il vedere con i suoi occhi che rende salda la vita, che ci permette di 'stare in piedi', di non cadere". 
"Il beato Papa Giovanni Paolo II - ha detto ancora il Pontefice tedesco - ricordava, inoltre, che 'la Rivelazione immette nella storia un punto di riferimento da cui l'uomo non puo' prescindere, se vuole arrivare a comprendere il mistero della sua esistenza; dall'altra parte, pero', questa conoscenza rinvia costantemente al mistero di Dio, che la mente non puo' esaurire, ma solo accogliere nella fede'". 
"In questa prospettiva - si e' chiesto ancora Joseph Ratzinger - che cos'e' dunque l'atto di fede?" "E' la risposta dell'uomo alla Rivelazione di Dio, che si fa conoscere, che manifesta il suo disegno di benevolenza sull'umanita'", un messaggio che "non e' rimasto, per cosi' dire, nel silenzio di Dio, nell'altezza del suo Cielo, ma Egli lo ha fatto conoscere entrando in relazione con l'uomo, al quale non ha rivelato solo qualcosa, ma Se stesso. Egli non ha comunicato semplicemente un insieme di verita', ma si e' auto-comunicato a noi, fino ad incarnarsi". In proposito, Benedetto XVI ha riproposto oggi il Concilio Ecumenico Vaticano II la' dove, nella Costituzione dogmatica 'Dei Verbum', afferma che 'piacque a Dio nella sua bonta' e sapienza rivelare se stesso', e non solo qualcosa di se stesso" per "far conoscere il mistero della sua volonta'". 
"Con la sola intelligenza e le sue capacita' l'uomo - ha quindi concluso Papa Benedetto - non avrebbe potuto raggiungere questa rivelazione cosi' luminosa dell'amore di Dio; e' Dio che ha aperto il suo Cielo e si e' abbassato per guidare l'uomo nell'abisso del suo amore". 

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