mercoledì 28 novembre 2012

Udienza generale. Il Papa: annunciare con la vita che Dio è vicino a ogni uomo (Radio Vaticana)


Udienza generale. Il Papa: annunciare con la vita che Dio è vicino a ogni uomo 

Parlare di Dio al mondo significa “annunciare l’essenziale”: che Dio non è una idea astratta, ma amore che si è fatto vicino all’uomo attraverso Gesù. Lo ha affermato Benedetto XVI durante la catechesi dell’udienza generale di questa mattina, presieduta in Aula Paolo VI. Il servizio di Alessandro De Carolis:

La domanda di Benedetto XVI è semplice ma assolutamente vitale per chi ha il compito di annunciare il Vangelo: oggi come si può parlare di Dio alla gente? Alla fine della catechesi, il Papa arriva alla risposta-sintesi: bisogna far capire che Dio “non è il concorrente della nostra esistenza”, ma piuttosto il “garante” della “grandezza della persona umana”, Colui che è vicino all’uomo, lo ama, lo salva:

“Dio non è quindi una ipotesi lontana sull’origine del mondo; non è una intelligenza matematica molto lontana da noi. Dio si interessa a noi, ci ama, è entrato personalmente nella realtà della nostra storia, si è autocomunicato fino ad incarnarsi”.

Per dare un esempio su come sia possibile parlare di Dio, il Papa ha invitato a guardare al modo in cui lo ha fatto Gesù, durante gli anni della sua missione terrena. “Dai Vangeli – ha detto – noi vediamo come Gesù si interessa di ogni situazione umana che incontra, si immerge nella realtà degli uomini e delle donne del suo tempo”. E a loro volta, “i discepoli, che vivono con Gesù, le folle che lo incontrano, vedono la sua reazione ai problemi più disparati, vedono come parla, come si comporta”:

“Questo stile diventa un’indicazione essenziale per noi cristiani: il nostro modo di vivere nella fede e nella carità diventa un parlare di Dio nell’oggi, perché mostra con un’esistenza vissuta in Cristo la credibilità, il realismo di quello che diciamo con le parole, che non sono solo parole, ma mostrano la realtà, la vera realtà”.

Un altro esempio, Benedetto XVI lo desume da San Paolo:

“Quindi la prima realtà è che Paolo non parla di una filosofia che lui ha sviluppato, non parla di idee che ha trovato altrove o inventato, ma parla di una realtà della sua vita, parla del Dio che è entrato nella sua vita, parla di un Dio reale che vive (...) La seconda realtà è che Paolo (…) non vuole crearsi una squadra di ammiratori, non vuole entrare nella storia come capo di una scuola di grandi conoscenze, non cerca se stesso, ma San Paolo annuncia Cristo”.

Questi esempi, è stata la considerazione del Pontefice, indicano che “parlare di Dio vuol quindi dire anzitutto avere ben chiaro ciò che dobbiamo portare agli uomini e alle donne del nostro tempo”:

“Per questo, parlare di Dio richiede una familiarità con Gesù e il suo Vangelo, suppone una nostra personale e reale conoscenza di Dio e una forte passione per il suo progetto di salvezza, senza cedere alla tentazione del successo, ma seguendo il metodo di Dio stesso. Il metodo di Dio è quello dell’umiltà – Dio si fa uno di noi – è il metodo realizzato nell’Incarnazione nella semplice casa di Nazaret e nella grotta di Betlemme, quello della parabola del granellino di senape”.

Infine, il “luogo” di applicazione “privilegiato” di questa testimonianza: la famiglia. Assumersi la responsabilità dell’educare, avendo “sensibilità nel recepire le possibili domande religiose presenti nell’animo” dei figli, è – ha ribadito il Papa – un chiaro compito dei genitori in quella che è “la prima scuola per comunicare la fede alle nuove generazioni”:

“E in questo compito è importante anzitutto la vigilanza, che significa saper cogliere le occasioni favorevoli per introdurre in famiglia il discorso di fede e per far maturare una riflessione critica rispetto ai numerosi condizionamenti a cui sono sottoposti i figli. Questa attenzione dei genitori è anche sensibilità nel recepire le possibili domande religiose presenti nell’animo dei figli, a volte evidenti, a volte nascoste. Poi, la gioia: la comunicazione della fede deve sempre avere una tonalità di gioia”.

Al termine delle catechesi nelle altre lingue, Benedetto XVI ha salutato fra gli altri i membri della Corte dei Conti italiana, nel 150.mo anniversario di fondazione, augurando all’istituzione “un proficuo servizio per il bene comune”. Quindi ai giovani, agli ammalati e ai nuovi sposi, il Papa ha indicato l’imminente tempo di Avvento come periodo particolare per “ riscoprire l’importanza della fede in Cristo”, affrontare le “sofferenze con lo sguardo rivolto al Bambino Gesù” e accrescere “il senso della presenza di Dio” nelle famiglie appena costituite.

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