mercoledì 28 novembre 2012

Davvero è accaduto qualcosa di grande. Gli scritti conciliari di Joseph Ratzinger presentati dal prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (O.R.)

Gli scritti conciliari di Joseph Ratzinger presentati dal prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede

Davvero è accaduto qualcosa di grande

Uno strumento prezioso per comprendere e interpretare il Vaticano II a partire dai suoi testi

di Gerhard Ludwig Müller

Joseph Ratzinger, da teologo, ha contribuito a dar forma e ha accompagnato il concilio Vaticano II in tutte le sue fasi. Il suo influsso si fa sentire già nella fase preparatoria, prima dell'apertura ufficiale del concilio, l'11 ottobre 1962.
Egli prese parte in misura rilevante alla genesi dei più vari testi, prima a fianco dell'arcivescovo di Colonia, il cardinale Joseph Frings, e più tardi quale membro autonomo di diverse commissioni.
Nella fase della recezione, egli non si stanca di ricordare che il concilio va valutato e compreso alla luce della sua intenzione autentica. Il concilio è parte integrante della storia della Chiesa e pertanto lo si può comprendere correttamente solo se viene considerato questo contesto di duemila anni. Grazie ai suoi lavori sul concetto di Chiesa in sant'Agostino e sul concetto di Rivelazione in san Bonaventura, con i quali aveva ottenuto i gradi accademici, Joseph Ratzinger era particolarmente idoneo e preparato ad affrontare le questioni centrali poste alla Chiesa nel XX secolo. Tra queste, dopo le esperienze della guerra e di una società in profonda trasformazione negli anni Sessanta, vi era anche la crescente perdita di significato e di presenza della Chiesa nel mondo.
Nella sua prefazione al presente volume, Papa Benedetto XVI ha così descritto il compito del concilio: «La percezione di questa perdita del tempo presente da parte del cristianesimo e del compito che ne conseguiva era ben riassunta dalla parola “aggiornamento”. Il cristianesimo deve essere nel presente per potere dare forma al futuro».
Come settimo volume dell'Opera omnia, appare dunque ora la raccolta, in una sintesi di taglio cronologico e sistematico, degli scritti di Joseph Ratzinger sugli insegnamenti del concilio, giusto in tempo per il cinquantesimo anniversario del Vaticano II. Il sottotitolo del volume Formulazione, trasmissione, interpretazione desidera documentare le fasi del lavoro di Joseph Ratzinger in relazione al concilio.
Possiamo partire dall'attività di formulazione con la partecipazione di Ratzinger alle Commissioni e con il suo lavoro per il cardinale Frings. La collaborazione tra il cardinale Frings e Joseph Ratzinger, improntata a grande fiducia, emerge nelle vicende che possono essere messe in relazione con la conferenza di Genova. È da rinvenire qui anche l'origine della nomina di Ratzinger a perito e a consigliere teologico dell'arcivescovo di Colonia. Frings pregò Ratzinger di predisporre una prima stesura della conferenza che il cardinale doveva tenere a Genova il 20 novembre 1961. Ratzinger gli consegnò in poco tempo il manoscritto richiesto, che Frings giudicò talmente riuscito da assumerlo così com'era, a eccezione di una piccola modifica finale. Finanche Papa Giovanni XXIII, venuto a conoscenza della relazione dell'arcivescovo di Colonia, convocò Frings e gli disse: «Caro cardinale, Lei ha detto tutto quello che pensavo e avrei voluto dire, ma che non potevo dire»; e quando Frings con sincerità rispose che era stato il giovane professore Ratzinger a scrivere il testo, il Papa si limitò a osservare che lui stesso aveva bisogno di farsi aiutare. Sarebbe importante, continuò, trovare consiglieri giusti.
Da quel momento in poi, Frings fece esaminare tutti i testi di carattere teologico-sistematico al professore di Teologia fondamentale di Bonn.
Nel presente volume sono raccolti testi per la maggior parte inediti sino a oggi. Vi sono pareri su bozze di schemi conciliari, su bozze di discorsi di Frings poi tenuti in aula, su prese di posizione e proposte di modifica rispetto a singoli documenti del concilio, come anche pareri, esposti da Ratzinger anche in cerchie più ristrette, di fronte a vescovi e cardinali, su concrete proposte di testi.
Solo la visione d'insieme dei testi qui raccolti permetterà a molti di accorgersi chiaramente dell'intensità, della competenza e della precisione con le quali l'allora giovane professore trentacinquenne Joseph Ratzinger si mise al servizio della Chiesa e del concilio. Il concilio ha la calligrafia di Benedetto XVI.
Il 10 ottobre 1962 ci fu una conferenza nella Biblioteca del Collegio di Santa Maria dell'Anima. Ratzinger critica soprattutto la definizione di “Fonti” della Rivelazione al plurale che non sarebbe realmente in linea con la tradizione. Mette in guardia dall'approvare una dottrina controversa a livello teologico e sviluppa nei tratti fondamentali la sua concezione di Tradizione. Il cardinale Frings fa propria la critica costruttiva allo schema De fontibus dell'allora professore di Teologia fondamentale a Bonn, come attesta il suo intervento alla Congregazione generale del 14 novembre.
È stato lo stesso Joseph Ratzinger a narrare in due saggi della sua collaborazione, sin dall'inizio delle consultazioni conciliari, con il cardinale Frings, già allora quasi completamente cieco. In essi è evidente la discrezione che lo anima ed egli mette in risalto il contributo creativo proprio di Frings. Alla base di tutti e diciannove gli interventi conciliari dell'arcivescovo di Colonia in cui sono formulate questioni teologico-sistematiche, stanno bozze predisposte da Ratzinger. Per la prima volta, in questo volume esse sono accessibili al pubblico. Esse sono anche un omaggio al cardinale Frings che sempre ne integrò e sviluppò le linee fondamentali, potendo fornire così ai Padri conciliari stimoli decisivi.
Passiamo all'attività di elaborazione di Ratzinger. Dagli atti conciliari risulta la sua collaborazione a due commissioni: egli era in primo luogo membro della sottocommissione della commissione teologica che aveva il compito di elaborare i passaggi decisivi dello schema De ecclesia. Inoltre contribuì alle proposte di miglioramento dello schema De fontibus, e perciò direttamente alla costituzione dogmatica sulla Divina rivelazione Dei Verbum.
In secondo luogo Ratzinger operò efficacemente alla stesura del decreto Ad gentes, il quale ricollega di nuovo in modo forte l'attività missionaria della Chiesa alla missione del Figlio nel mondo, che trova nella Chiesa la sua prosecuzione, rendendo così evidente che la missione appartiene alla natura stessa della Chiesa.
Vi fu poi un'attività di comunicazione di Ratzinger, dedicata alla trasmissione dei contenuti. Durante il concilio, sia a Roma sia nei luoghi della sua attività scientifica a Bonn e a Münster, egli fu un interlocutore spesso richiesto per delle interviste e un conferenziere ambìto sul Vaticano II. Da questa intensa attività di trasmissione di contenuti nacquero i volumi più volte pubblicati sui quattro periodi conciliari, che offrirono al lettore tedesco utili e interessanti prospettive sul concilio. Nel settimo volume dell'Opera omnia sono incluse anche queste pubblicazioni, che aiutano a comprendere la prima attività di recezione in stretto rapporto coi singoli periodi e i diversi gruppi di lavoro del concilio. Ratzinger trasmise per così dire “di prima mano” al lettore i risultati del concilio, stimolando il dibattito e la recezione.
Dopo il Vaticano II prese avvio in tutto il mondo una fase di commento. I testi furono tradotti nelle lingue principali e consegnati al mondo scientifico. Joseph Ratzinger scrisse dei commenti alla Lumen gentium, alla Sacrosantum Concilium, alla Dei Verbum e alla Gaudium et spes. I suoi lavori, scritti tra il 1966 e il 2003 -- a oggi insuperati e che ormai appartengono ai classici della teologia -- sono sempre animati dal desiderio di non tradire la fonte.
Punto di partenza di tutte le sue prese di posizione sul concilio è il testo approvato nell'originale latino, dal quale emerge la volontà dei Padri nella sua forma originaria. Chiunque voglia intendere il Vaticano II deve considerare con attenzione tutte le costituzioni, i decreti e le dichiarazioni perché esse sole, nella loro unità, rappresentano la valida eredità del Concilio. E nel presente volume è adeguatamente documentato, in tutta la sua chiarezza e precisione, anche questo passo decisivo nell'accoglimento del concilio.
Nel discorso alla Curia Romana del 22 dicembre 2005 che suscitò notevole interesse, Benedetto XVI mise in evidenza «l'ermeneutica della riforma nella continuità» a fronte di una «ermeneutica della discontinuità e della rottura». Joseph Ratzinger si pone così nel solco delle sue affermazioni del 1966. Questa interpretazione è l'unica possibile secondo i principi della teologia cattolica, vale a dire considerando l'insieme indissolubile tra Sacra Scrittura, la completa e integrale Tradizione e il Magistero, la cui più alta espressione è il concilio presieduto dal Successore di san Pietro come capo della Chiesa visibile. Al di fuori di questa unica interpretazione ortodossa esiste purtroppo un'interpretazione eretica, vale a dire l'ermeneutica della rottura, sia sul versante progressista, sia su quello tradizionalista. Entrambi questi versanti sono accomunati dal rifiuto del concilio; i progressisti nel volerlo lasciare dietro, come fosse solo una stagione da abbandonare per approdare a un'altra Chiesa; i tradizionalisti nel non volervi arrivare, quasi fosse l'inverno della Catholica.
“Continuità” significa la permanente corrispondenza con l'origine, non adattamento di qualsiasi cosa sia stata, che può portare anche sulla strada sbagliata. La tanto citata parola d'ordine “aggiornamento” non significa dunque “secolarizzazione” della fede, cosa che porterebbe al suo dissolvimento, ma l'origine annunciata in tempi di volta in volta nuovi, origine a partire dalla quale viene donata agli uomini la salvezza; aggiornamento significa dunque “rendere presente” il messaggio di Gesù Cristo. Si tratta, in fondo, di quella riforma necessaria in tutti i tempi in costante fedeltà al Christus totus, secondo le note parole di sant'Agostino: «Tutto Cristo, cioè il Capo e le membra. Che significano il Capo e le membra? Cristo e la Chiesa» (In Iohannis evangelium tractatus, 21, 8).
Lo stesso Vaticano II ha dichiarato che, «seguendo le orme dei concili Tridentino e Vaticano i, intende proporre la genuina dottrina sulla divina Rivelazione e la sua trasmissione, affinché per l'annunzio della salvezza il mondo intero ascoltando creda, credendo speri, sperando ami» (costituzione dogmatica Dei Verbum, 1). Il concilio non vuole annunciare alcun'altra fede bensì, in continuità con i precedenti concili, intende renderla presente.
Al di là di questo, la «Tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa con l'assistenza dello Spirito Santo: cresce infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la contemplazione e lo studio dei credenti che le meditano in cuor loro (cfr. Luca, 2, 19 e 51), sia con la intelligenza data da una più profonda esperienza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità. Così la Chiesa nel corso dei secoli tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finché in essa vengano a compimento le parole di Dio (...) Così Dio, il quale ha parlato in passato, non cessa di parlare con la sposa del suo Figlio diletto, e lo Spirito Santo, per mezzo del quale la viva voce dell'Evangelo risuona nella Chiesa e per mezzo di questa nel mondo, introduce i credenti alla verità intera e in essi fa risiedere la parola di Cristo in tutta la sua ricchezza (cfr. Colossesi, 3, 16)» (ibidem, 8).
Il settimo volume delle Gesammelte Schriften fonde in unità lavori sparsi e di origine diversa, fornendo così al lettore uno strumento per comprendere e interpretare il concilio Vaticano II a partire dai suoi testi. Nella prefazione al volume, Papa Benedetto ricorda l'atmosfera che precedette l'apertura del concilio: «Era un momento di straordinaria aspettativa. Doveva accadere qualcosa di grande». Se a cinquant'anni da quell'avvenimento storico ci volgiamo indietro, si può davvero dire con convinzione che veramente “è accaduto” qualcosa di grande! Il concilio apre il cammino della Chiesa verso il futuro e si presenta come strumento fondamentale per la nuova evangelizzazione.

(©L'Osservatore Romano 29 novembre 2012)

30 commenti:

Luisa ha detto...

" Al di fuori di questa unica interpretazione ortodossa esiste purtroppo un'interpretazione eretica, vale a dire l'ermeneutica della rottura, sia sul versante progressista, sia su quello tradizionalista. Entrambi questi versanti sono accomunati dal rifiuto del concilio; i progressisti nel volerlo lasciare dietro, come fosse solo una stagione da abbandonare per approdare a un'altra Chiesa; i tradizionalisti nel non volervi arrivare, quasi fosse l'inverno della Catholica."

A dire il vero l`ermeneutica della rottura ad opera dei progressisti è quella che ha dominato in modo egemone tutto il post Concilio, non volevano "lasciarlo dietro" ma, al contrario, se ne reclamavano per tutte le loro innovazioni, ahinoi, non solo tollerate, ma anche spesso legittimate e incoraggiate.
Ed effettivamente da quegli innovatori sono venuti anche distorsioni gravi, magisteri alternativi, ai margini dell`ortodossia se non eretici, difficilmente invece si potrà parlare di eresia per quello che mons. Müller chiama il "versante tradizionalista".

Anonimo ha detto...

"Al di fuori di questa unica interpretazione ORTODOSSA esiste purtroppo un'interpretazione ERETICA, vale a dire l'ermeneutica della rottura, sia sul versante progressista, sia su quello tradizionalista"

EVENTO STORICO. Da quanto tempo un Prefetto della CDF, o altro esponente delle massime Gerarchie, non usava questo lessico nell'ordinario? Certo che sentirsi dare degli eretici dal capo della Suprema non dev'essere molto gradevole per tanti teologi e prelati di nostra conoscenza...
E' tempo che si correggano, perché davvero un vento nuovo soffia nella chiesa.

gianni

Anonimo ha detto...

Non è difficile parlare di eresia del versante tradizionalista: basta sentire le recenti uscite di Mons. Fellay circa il magistero dei Papi successivi al Vaticano II. E' animato dalla convinzione che la Chiesa sia terminata nel 1962, e ciò non può essere altro che un'eresia

Luisa ha detto...

Anonimo, se lei ha avuto da una fonte a me sconosciuta l`informazione che è stata modificata la nozione di "eresia" le sarei grata di dirmelo, se invece l` eresia è sempre e ancora quel che la Chiesa definisce, allora per certo non si può definire eretici i propositi di Mons. Fellay (che come la FSSPX, professa la Dottrina cattolica) e di coloro che, pur non essendo della FSSPX, teologi, storici, scrittori, e semplici fedeli, esprimono critiche o perplessità su certi documenti del Vaticano II e dubbi sulla loro continuità con la Tradizione.

Anonimo ha detto...

Quelle dei lefevriani e loro sodali non sono "dubbi e perplessità", ma affermazioni precise di natura chiaramente eretica in materia di fede, in ciò che si deve credere sulla Chiesa, la Tradizione e il Magistero.

E' inutile continuare a negarlo, le loro affermazioni contraddicono, prima ancora del Concilio Vaticano II, gli insegnamenti dogmatici dei Concilii di Trento e Vaticano I.

I colloqui dottrinali e le successive prese di posizione sono serviti finalmente a chiarire tutto questo, e il fatto che il Prefetto della CDF cominci a parlare apertamente di eresia vuol dire che, se non si ravvedono, il destino loro e dei loro compari "progressisti" è segnato.

gianni

Luiss ha detto...

Gianni, ci dica dunque dove, come e quando i "lefebvriani" avrebbero fatto "affermazioni di natura eretica", visto che la FSSPX professa la Dottrina Cattolica, ciò che è sempre stato creduto, ovunque e da tutti, se lei definisce eretica la Fraternità allora deve, con coerenza, dire che la Chiesa tutta lo era ante Vaticano II, e lo sono pure io che sono stata formata prima di quel Concilio!

Fabiola ha detto...

C'è solo una piccola differenza riguardo i due "opposti estremismi" ereticali. Quello "progressista" se ne sta tranquillo, al calduccio, in "questa" Chiesa così pervicacemente retrograda e costantemente in ritardo di tot secoli e non si sottopone loro alcun preambolo da sottoscrivere.
Io, lontanissima da simpatie tradizionaliste, non posso non notarlo. E' questione di onestà intellettuale.

Anonimo ha detto...

Luiss, non mi prenda per il tribunale dell'inquisizione "dove come quando"... Forse lei stessa potrebbe rispondere.
Mi limito a registrare con soddisfazione, da cattolico, che il Prefetto della CDF parla chiaro e considera eretiche certe affermazioni della scismatica SPX, e la cosa non mi stupisce affatto per quel poco che mi è dato leggere delle farneticazioni di costoro.

Se lei "professa" la stessa dottrina, che non è affatto quella di "prima del Concilio", oppure non si rende conto esattamente di che cosa professa, non posso farci niente, sono affari suoi.

gianni

Anonimo ha detto...

Il "dove, come, quando" la FSSPX è eretica è presto detto: non riconoscono la validità dei Sacramenti celebrati secondo il Novus Ordo. Infatti, se li riconoscessero avrebbero firmato l'accordo. Se ritenere invalidi i sacramenti celebrati nella Chiesa Cattolica - all'infuori della FSSPX non è un'affermazione eretica, faccia lei....

don gianluigi ha detto...

Gianni, eresia è la negazione di una verità di fede, anche di una sola. Non mi risulta che mons. Fellay abbia mai rifiutato le verità di fede proposte dal magistero dei papi dopo il Concilio. Per esempio non mi risulta che abbia rifiutato l'autorità dogmatica del pronunciamento di Giovanni Paolo II sull'ordinazione sacerdotale delle donne. Certo ha criticato alcune affermazioni pontificie non in linea con il precedente magistero e come molti altri ha chiesto chiarezza. E il Papa ha un solo un modo per esigere la prova della fedeltà della FSSPX, dogmatizzare le sue affermazioni, che cioè, tutti i passi controversi del Concilio sono da considerarsi, de fide in continuità con il magistero precedente. Se non lo fa significa che mons, Fellay, Lei ed io possiamo avanzare dubbi, pur mostrando il dovuto ossequio al Papa.

Luisa ha detto...

Io, gianni, professo la Fede che mi è stata trasmessa dalla Chiesa, non sono "lefebvriana" ma so che nessun Papa ha mai definito eretica la FSSPX e se nessun Papa lo ha fatto è perchè la Dottrina che professa e trasmette la FSSPX è quella cattolica, i problemi dottrinali esistono non perchè la FSSPX professi altre dottrine ma perchè contesta che certi documenti del VaticanoII siano in continuità con la Tradizione.

don gianluigi ha detto...

Anonimo delle 20.42, La prego di non dire falsità. La FSSPX riconosce la validità del NO e dei Sacramenti riformati, ma ne contesta la legittimità, cioè giudica i nuovi riti pericolosi per la loro ambiguità di interpretazione. Infatti se un prete celebra il NO come un mero banchetto gioioso tra amici, con canti e balli, senza infrangere le poche rubriche tassative del nuovo messale, la Messa sarà valida, ma che giovamento porterà alla fede dei partecipanti? La Messa è valida ed anche secondo le norme, ma non si può dire che aumenti la grazia nei fedeli, quindi è sanzionabile.

Anonimo ha detto...

Infatti, la novità è che, credo per la prima volta, il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, nel quale il Papa ripone la massima fiducia e condisione, definisce eretica la SPX. Evidentemente il nodo è venuto al pettine, e le sue radici sono risaltate grazie all'approfondito e prolungato esame al quale Sua Santità Benedetto XVI ha voluto sottopporre quei sedicenti "tradizionalisti".

In precedenza, più che altro risaltavano certi sintomi, come quelli ancora manifestati da "don giaunluigi" nel commento delle 20:42, per esempio l'abitudine di "insegnare" al Papa cosa deve fare. Ora dai sintomi si è risaliti alla radice e si svela l'eresia.

"...non si deve chiamare subito eretico uno che abbia peccato contro la fede, ma se, disprezzata l'autorità della Chiesa, difende pertinacemente le sue empie opinioni." (Catechismo Tridentino, punto 103, http://www.maranatha.it/catrident/13page.htm).
E' quello che comincia a darsi, caro don gianluigi, per la FSSPX, perciò mi spiego l'importante "novità" nelle parole di S.E. Rev.ma Mons. Mueller. Ed è inutile stare ad arzigogolare sopra sofismi ormai smascherati.

Neo-modenisti&lefevriani hanno tentato nel post-concilio di espellere dalla Chiesa la Tradizione (e con essa per qualcuno lo stesso Depositum fidei). Lo hanno fatto con un "gioco di squadra" piuttosto abile (furbacchione infatti è il padre della menzogna): gli uni rigettandola apertamente come inutile anticaglia, gli altri rivestendola di "illiceità" nella cappa di uno scisma. Illusi, poveri illusi.

Il giocattolo si è rotto. LA Tradizione è sempre stata, ed è rimasta, nella Chiesa, e il Ponfificato di Benedetto XVI la fa risplendere anche strappandola di mano agli abusivi.
Giunge il tempo del redde rationem.

Ringrazio il blog di Raffaella per l'ospitalità che eventualmente vorrà dare anche a questo commento, col quale chiudo sull'argomento, e mi scuso, non essendo il blog mai stato sede di diatribe inutili.

gianni

Anonimo ha detto...

Non c'è bisogno che il Papa definisca eretica la FSPX, è sufficiente il fatto che dicano di non riconoscere la validità dei Sacramenti celebrati secondo il Novus Ordo per esprimere un'eresia, non c'è bisogno che il Papa lo sottolinei, è talmente chiara la situazione!

Luisa ha detto...

Non sono diatribe inutili, gianni, perchè toccano i fondamenti della nostra fede, fondamenti che alcuni, pur essendo formalmente uniti al Successore di Pietro stanno sovvertendo, ciò che non fa la FSSPX che, lo ripeto, professa la dottrina di sempre della Chiesa.
Infine, Mons. Müller non ha definito eretica la FSSPX, sa che non può farlo, non ha definito eretici i progressisti, eppure per molti di loro potrebbe farlo, tanto sono concreti e devastanti i loro errori, ha parlato di interpretazione eretica, una qualificazione che mai il Papa ha usato, personalmente preferisco ciò che il Papa ha detto e aspetto con fiducia che durante questo Anno della Fede e nella sua prossima Enciclica il Santo Padre ci spieghi con la sua chiarezza cristallina non solo il contenuto dell`ermeneutiuca della riforma nella continuità ma che ci dica, nominandole, quali sono state e sono le le errate applicazioni del Vaticano II.
Rinagrazio anch`io Raffaella per lo spazio che mi ha gentilmente concesso.

don gianluigi ha detto...

Gianni, il problema è che quelli che Lei chiama sofismi, come la distinzione tra validità e liceità, sono alla base di una chiarezza teologica, chiarezza che nel magistero post conciliare è venuta ad attenuarsi. Le esternazioni del prefetto della Congregazione della Fede non rientrano nel magistero pontificio e anche i documenti Pontifici non hanno tutti lo stesso grado di obbligatorietà. Per dichiarare qualcuno eretico ci dev'essere il rifiuto di un atto solenne del magistero, non di un discorso o di un documento tra i tanti.
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All'Anonimo delle 6.30. Non è che ripetendo una falsità, questa diventa vera.

Anonimo ha detto...

Mah... visto che mi si continua a interpellare, mi sembra doverosa una breve nuova risposta, ma davvero l'ultima.

don gianluigi, lasciamo stare la chiarezza e i gradi su cui non sembra particolarmente ferrato; occupiamoci meglio dell'onestà che forse, in questo momento, è la cosa più conveniente.

Lei ha scritto: "La FSSPX riconosce la validità del NO e dei Sacramenti riformati, ma ne contesta la legittimità...".
Ebbene no: anche se il contestarne la legittimità è cosa in sé stessa inammissibile, occorre dire che li considerano proprio invalidi in senso stretto, anche se non lo dicono sempre e "con chiarezza", perché continuano a fare i furbetti.

Se non li considerassero invalidi non consiglierebbero ai cattolici di NON andare a Messa la domenica, cioè non consiglierebbero come cosa buona un peccato mortale:
si veda l'ultimo paragrafo nel contesto di questo lodevole comunicato http://www.sanpiox.it/public/index.php?option=com_content&view=article&id=465:messa-della-domenica-in-diretta&catid=41:priorato-di-rimini&Itemid=131

In ciò che ho riportato in poche righe si rintracciano almeno due eresie riferibili alla SPX e chiaramente definibili con una certa facilità. Ovviamente lo farà chi ne ha legittima competenza e io mi astengo.

Ma visto che Lei si considera più esperto del Papa e del Prefetto della Suprema, ci riesce a dare queste due definizioni? Ci provi, ché, vista la confusione nella quale si trova, probabilmente Le farà bene.
Con molto rispetto e stima.

gianni

Luisa ha detto...

Innanzitutto la si interpella(!), gianni, perchè si reagisce ai suoi commenti, come lei lo ha fatto con i nostri, in seguito "encore heureux"...che non sono persone come lei a decidere chi è eretico e chi non lo è ma l`autorità competente che fino ad oggi non condivide la sua opinione.
Permetta che si dia maggior valore al responso del Papa.

don gianluigi ha detto...

Caro Gianni, non si esprime formalmente molto rispetto e stima a un interlocutore che poco prima si è definito incompetente (poco ferrato) e non si tratta da presuntuoso solo perché ha espresso un'idea, premettendo che non è in discussione l'ossequio al Sommo Pontefice.

Riguardo alle sue ulteriori critiche alla Fraternità, io non sono l'avvocato né di mons. Fellay, che non ha bisogno della mia difesa, né di nessun altro. Certamente, come ci sono vescovi eretici in piena comunione col Papa, così ci sta che anche tra la FSSPX ci siano degli eretici. Comunque se a giugno si era ad un passo dall'accordo, significa che non dovevano poi essere molto fuori strada.
Io sarò anche ignorante, come Lei elegantemente mi ha voluto dipingere, ma non mi permetto di sostituirmi al Papa nel dare patenti di cattolicità o condanne di scismi e di eresie, lascio questo compito al Papa e a chi come Lei ha le conoscenze e l'umiltà per giudicare gli altri.

Anonimo ha detto...

Se a giugno la FSSPX era a un passo dall'accordo e non lo ha voluto firmare è perché evidentemente era fuori strada...ci vuol poco a capirlo. Gianni ha ragione: c'è chi gioca con le parole della Tradizione per nascondere eresie e scismi

don gianluigi ha detto...

Fintanto che i detrattori della Fraternità rimarranno pavidi anonimi, capaci solo di spargere pregiudizi, odio e invidia, senza portare argomentazioni, i seminari della FSSPX si riempiranno sempre più, al punto, come in Virginia, che se ne devono costruire altri.
Il Concilio ci ha invitato a leggere i segni dei tempi. E leggeteli i segni dei nostri tempi di crisi vocazionale!

Roberto ha detto...

Gent. Don Gianluigi, grazie mille per le sue parole! Qui da me (Germania) la Chiesa ufficiale ed approvata non si distingue quasi mai da quella protestante. I "tradizionalisti" non saranno perfetti, ma sono praticamente gli unici a difendere e propugnare un Cattolicesimo chiaro ed integrale. Ma forse é proprio questo il problema. Un buon Avvento a tutti. Roberto

Anonimo ha detto...

Il nome don Gianluigi non dice nulla più di un "pavido anonimo"....vale a dire "sconosciuto" a meno che non comunichi anche indirizzo e numero di telefono. Quanto ai "segni dei tempi", io ne vedo uno solo: il Papa ha offerto la riconciliazione alla FSSPX e al termine di tutto l'offerta è stata rifiutata... se un simile atteggiamento è da additare ad esempio fate voi!

don gianluigi ha detto...

Io più volte ho dato nome, cognome, indirizzo, diocesi di appartenenza. Sono pronto a rifarlo dopo di Lei, poiché i pavidi provocano, ma poi quando si passa al momento di togliersi la maschera si dileguano, come i loro ragionamenti.
Dopo di Lei, Signore.

don gianluigi ha detto...

Egregio Anonimo, per la precisione, l'offerta non è stata rifiutata, poiché mons. Fellay non ha ancora risposto alle condizioni che erano state poste dal Vaticano. Almeno i fatti rispettiamoli.

Anonimo ha detto...

usate molte sottigliezze da azzeccagarbugli per non far rientrare la FSSPX nella palese denuncia che Mons Muller ha ufficialmente esternato (vedere il contesto) che in quanto esponenti di quel mondo tradizionalista li investe insieme ai loro opposti modernisti. Ma l'omelia di 11 Nov di mons Fellay l'avete letta? Ma la saccenteria, la supponenza, l'acrimonia delle dichiarazioni di Fellay e compagni Vescovi per giustificare la sospensione del dialogo (Mons Muller ha ribadito giorni addietro che per Lui, ovvero per l'E.D., il discorso è chiuso e che rimette tutto alla volontà del Santo Padre del quale già conosciamo la volontà trapelata attraverso proprio le dichiarazione FSSPX).Ma il giudizio sprezzante sull'operato del Santo Padre e dei Vescovi, sul Concilio e sui Documenti non basta? Sono Cattolici costoro?? Sono in comunione con il S. Padre e con la Chiesa tutta? E perché mai se sono in Comunione la loro S Messa non assolve al precetto Domenicale ed è sconsigliato ad un Cattolico di parteciparvi?

Anonimo ha detto...

"Fellay non ha ancora risposto alle condizioni che erano state poste dal Vaticano. Almeno i fatti rispettiamoli."
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Caro don Gianluigi, Fellay ha risposto molto chiaramente e pubblicamente con la predica dell'11 novembre richiamata sopra dall'Anonimo. E' ha risposto con un chiaro NO che, per quanto sconcertante, è un fatto inequivocabile.

Inoltre sappiamo, perché anche questo è stato divulgato attraverso un'intervista dell'assistente Pfluger, che Fellay non potrà dare altre risposte, la Casa generalizia è stata esautorata dal capitolo generale nel quale hanno deciso che il superiore (di fatto "ex") potrà solo formulare proposte interne, su cui il capitolo ha potere deliberativo a maggioranza assoluta.

Quindi la FSSPX, come realtà in qualche modo corporativa della Chiesa cattolica - per quanto "irregolare" (a questo l'aveva portata la misericordia di Benedetto XVI!) - non esiste più. Esiste una collettività movimentata di preti illecitamente ordinati, senza ministero. Ed esiste sulla carta un'assemblea (il capitolo) democraticamente regolata.

A fronte di tutto questo, il Presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei e Prefetto della Suprema, non poteva fare altro che tirare le conseguenze inevitabili e a sua volta pubblicamente divulgarle, anche per ottemperare al dovere per il quale esiste la CDF ad tuendam fidem.

E le conseguenze sono: 1. che la partita è chiusa, a partire dall'esame dottrinale; 2. che le valutazioni circa i risultati dell'esame dottrinale documentato portano a considerare e avvertire del fatto che gli atti scismatici reiterati fino ad oggi hanno radice eretica; 3. che la volontà misericordiosa del Santo Padre concede altro tempo - al collettivo o (più verosimilmente) a quanti si decidessero - per ravvedersi, tornare sui propri passi e guadagnare la comunione con la Chiesa, prima che siano assunti i provvedimenti formali.

Così ha sempre fatto e così fa la Chiesa Cattolica Apostolica Romana: a Lei sola appartiene la Tradizione, della quale nessuno potrà mai appropriarsi per distruggerla.

Questa discussione riveste interesse per molti, chiedo venia dunque se manco di parola e torno sull'argomento, seguendo l'ottimo consiglio di don gianluigi di occuparsi dei fatti.

gianni

Luisa ha detto...

Gianni, per favore, si informi prima di scrivere inesatezze, non ne ha bisogno per far passare il suo pensiero che ci arrivato perfettameente.
Mons.Fellay non è stato esautorato, (!) anzi la FSSPX si è ricompattata dietro il suo Superiore.
Se poi ha ascoltato, in francese, l`abbé Pflüger avrà anche ascoltato il contenuto della dichiarazione dottrinale di Mons. Fellay e potuto così constatare quanto fosse ortodossa( quanti pastori formalmente uniti a Pietro potrebbero firmarla?) e capire quanto fosse giustificata la fiducia di Mons. Fellay al quale era stato detto che il Papa aveva dato il suo accordo.
Purtroppo il 13 giugno è arrivata la doccia fredda delle nuove richieste di una Commissione notoriamente ostile alla FSSPX.

Anonimo ha detto...

Chiedo scusa, in effetti c'é una inesatezza in ciò che avevo scritto, che è giusto rettificare.

La notizia del semi-licenziamento di Fellay e democratizzazone della compagine è stata data da de Gallareta e non da Pfluger.
Riporto uno stralcio del lungo testo originale che si può raggiungere:

"It was also decided in this Chapter that if ever the General House attained something valuable and interesting with these conditions, there would be a deliberative Chapter, which means that its deci-sion is necessarily binding (on the members of the Society). When there is a consultative Chapter, the authority asks for advice but then decides freely. A deliberative Chapter means that the decision made by the absolute majority—one half of the votes plus one, which seemed reasonable to us—that decision will be followed by the Society."

http://www.dici.org/en/news/the-useful-lesson-from-the-recent-trial/

Confermo il resto.

gianni

don gianluigi ha detto...


Caro Gianni chi è supponente come Lei e si riferisce agli altri dall'alto in basso riceve delle sonore smentite, come la recente lettera di mons. Di Noia ai preti della FSSPX, in cui si propone una nuova prospettiva di regolarizzazione e in cui di sfuggita egli ricorda che Roma attende da Mons. Fellay una risposta al documento consegnatogli il 14 giugno scorso. Proprio quello che ribadivo io con insistenza. Mentre Lei ed altri spaccavate per certa una risposta-rifiuto da parte di Mons. Fellay.
Forse un po' più di umiltà non guasterebbe.